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Alkedo
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==La struttura dell'imbarcazione e le sue particolarità== La nave ''Alkedo'' ha dimensioni notevoli: 12,1 m di lunghezza al galleggiamento e 2,68 m di larghezza totale. Queste dimensioni corrispondono a multipli del piede romano di mm 296,6 (+/-mm 1,1), evidentemente usato come unità di misura per la progettazione, come è stato osservato in diversi altri casi negli scavi di Nemi e Ostia. La struttura della barca ha preso forma a partire dalla chiglia in rovere con l'aggiunta delle ruote di poppa, di prua e del fasciame in abete connesso con mortase e tenoni e ulteriormente rinforzato da ordinate in legno di quercia. Al momento della scoperta la nave era ormeggiata con una cima ancora legata a una delle bitte e aveva conservato i bagli, ovvero le assi a cui venivano assicurate le ancore. L'usura della nave, testimoniata da restauri storici del fasciame, aveva portato all'uso della pompa di sentina, un meccanismo per lo svuotamento della parte inferiore dello scafo dall'acqua tramite dischi di legno solitamente adoperato per navi di maggior grandezza. La nave presenta cinque banchi da due rematori e due mezzi banchi, con un totale di dodici posti per i rematori, una disposizione tipica delle barche dette ''hemioliai''. Conserva tuttora alcuni frammenti del cuoio dei manicotti che impedivano il passaggio dell'acqua dai fori dei remi.<ref>Andrea Camilli ed Elisabetta Setari (a cura di), ''Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica'', pp. 48-51.</ref> Tali aperture sono di forma ovale e lasciano intravedere lo scalmo verticale, similmente a quelle della nave alla base della ''Nike di Samotracia''. L'albero della barca, tenuto saldo da sei sartie, doveva probabilmente sorreggere una vela di forma quadrata di 8 m di larghezza e 4,5 m di altezza, con un pennone di 8,60 m.<ref>Esmeralda Remotti (a cura di), ''Alkedo. Navi e commerci della Pisa romana, Catalogo della mostra di Pisa'', pp. 21-24.</ref> ===Ipotesi sulla funzione svolta dalla nave=== ''Alkedo'' potrebbe sembrare, per il profilo della sua prua, una nave da guerra simile a quelle rappresentate sulla colonna Traiana. Tuttavia la mancanza di un vero e proprio sperone, sostituito invece da un tagliamare rivestito in bronzo, consente di escludere un uso militare e fa propendere per l'idea di una nave a remi da diporto o di una pilotina. Non è stato ancora possibile ricondurre il profilo della barca a un tipo già noto di navi minori in uso in epoca romana, come per esempio le ''actuaria'', ''celox'', ''cymba'' e ''cydarum''. Alcuni dei relitti di navi a remi ritrovati per esempio a Monfalcone, Oberstimm, Mainz o la stessa barca F dello scavo pisano, pur non avendo la stessa forma di ''Alkedo'', permettono un confronto per lo studio delle tecniche costruttive.<ref> Esmeralda Remotti (a cura di), ''Alkedo. Navi e commerci della Pisa romana, Catalogo della mostra di Pisa'', p. 24.</ref> ===Origine del nome=== Il nome ''Alkedo'', inciso sul primo banco dei rematori, sembra una rara attestazione del nome di un'imbarcazione sul relitto stesso e non in sue rappresentazioni come graffiti o mosaici. Dal punto di vista dell'interpretazione ALK[E]DO è la trascrizione in caratteri greci della parola latina ''alcedo'', ovvero 'gabbiano', nome che sembrerebbe essere molto appropriato per un'imbarcazione. <ref>Andrea Camilli ed Elisabetta Setari (a cura di), ''Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica'', pp. 52-53.</ref> ===Tecniche di datazione del legno=== La tecnica di datazione del legno usata per le navi di Pisa è il Wiggle-Matching, una combinazione di studio radiometrico con carbonio-14 e dendrocronologia. La dendrocronologia si basa sullo studio degli anelli di accrescimento del tronco degli alberi ed è stata ritenuta applicabile per l'ottimo stato di conservazione delle imbarcazioni, mentre l'indagine radiometrica misura la radioattività dell'isotopo 14 del carbonio e permette di risalire alla datazione in modo relativamente accurato. La scelta di un metodo ibrido è dovuta dalla presenza di pochi riferimenti plurimillenari in area mediterranea per lo studio degli anelli di accrescimento e ha il fine di rendere più precisa l'individuazione del periodo storico a cui appartiene il relitto; i risultati della datazione non sono tuttavia disponibili nelle pubblicazioni del 2005 a cui si è fatto riferimento. Il processo seguito per le navi di San Rossore permette di disporre di nuovi riferimenti dendrocronologici messi a punto proprio grazie al Wiggle-Matching, rendendo così possibile datare i relitti con metodi non distruttivi. <ref>Andrea Camilli ed Elisabetta Setari (a cura di), ''Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica'', p. 81.</ref> ===Tracce di pittura e impermeabilizzazione=== La presenza sulla nave dell'impermeabilizzazione e di tracce di colore ha permesso di studiare le tecniche e i materiali impiegati, confermando ciò che era già noto grazie alle fonti di epoca romana e arricchendolo con ulteriori dettagli. Come era comune in antico, l'impermeabilizzazione dello scafo è stata ottenuta con l'impiego di pece ed è stata seguita dal processo di calafataggio, al fine di sigillare le fessure nel fasciame. Secondo ciò che Plinio il Vecchio riporta nella ''Naturalis Historia'' il materiale preferito per la finitura degli scafi con vernice a encausto era la cera d'api unita a pece vegetale. Tuttavia nel caso della nave ''Alkedo'' si è preferita alla pece la resina al fine di non alterare i colori della pittura, il bianco e il rosso, ottenuti con la cerussite e l'ematite. Al momento del rinvenimento le tracce di pittura erano solo parzialmente conservate e buona parte di esse si era scurita a causa del processo di solfurazione in atto nell'ambiente in cui la barca era conservata.<ref>Esmeralda Remotti (a cura di), ''Alkedo. Navi e commerci della Pisa romana, Catalogo della mostra di Pisa'', pp. 25-26.</ref> ===La pompa di sentina=== La pompa di sentina, di cui rimangono i dischi di pompa e lo scasso ovale in cui doveva essere alloggiata, aveva la funzione di svuotare lo scafo dall'acqua che vi si infiltrava ed era necessaria per le condizioni non ottimali del fasciame della barca. I tipi di pompa di sentina ritrovati a oggi in area mediterranea sono due, uno costituito da una ruota con tazze, la noria, e da una pompa a stantuffo in legno che convogliava le acque in tubi di metallo verso gli ombrinali, ovvero i fori di scarico, e l'altro che invece trasportava l'acqua in una vasca di raccoglimento e poi la faceva fuoriuscire lateralmente a seconda dell'inclinazione dello scafo.<ref>Andrea Camilli ed Elisabetta Setari (a cura di), ''Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica'', p. 70.</ref>
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