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Maurits Cornelis Escher
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==Le opere== I lavori di Escher sono una viva rappresentazione di quello che ha influenzato e ispirato l’artista durante la sua vita. In una prima fase, già accennata, l’artista ha realizzato opere riguardanti soprattutto il mondo che lo circondava, come i paesaggi mediterranei e le mete dei suoi numerosi viaggi. A partire dal 1937, vennero prodotte 70 stampe d’impronta matematica, testimonianze dei suoi studi personali e della sua evoluzione artistica verso la ricerca dell’"impossibile". Nonostante sia impossibile leggere con sicurezza le teorie e le idee dietro le quali si sono sviluppate le creazioni di Escher, nelle grafiche si possono ritrovare temi ricorrenti, come la compenetrazione di mondi diversi, le metamorfosi e, soprattutto, la relazione tra spazio e superficie. Quest’ultima, in particolare modo, venne studiata al fine di realizzare le cosiddette “figure impossibili”, ovvero rappresentazioni di soggetti architettonici dalla costruzione irreale. Osservando le stampe, si nota sin dal primo sguardo come la matematica e il rigore logico siano alla base del processo di creazione di Escher, che si dimostra in grado di andare oltre alla semplice visione della realtà così come si presenta all’occhio umano, andando ad analizzare ogni sua componente come singolo elemento costruttore di un insieme più ampio. Di seguito sono descritte tre delle opere più famose e acclamate dell'artista. ===''Belvedere''=== L’opera intitolata ''Belvedere'' (1958, litografia, 46,1 x 29,5 cm) è una delle litografie più famose dell’artista. Al centro del lavoro si trova l’edificio protagonista, ovvero un edificio “impossibile” creato a partire dallo studio di un cubo. La costruzione è composta da tre piani distinti, aperti su quattro lati e circondati da balconate regolari. I pilastri appaiono all’occhio dello spettatore come tutti della stessa misura, andando quindi contro alle regole della prospettiva. Le arcate che dividono i piani sono ciò che contribuisce maggiormente all’effetto ottico che rende impossibile a chi osserva l’opera di capire come essa si articoli nella sua altezza. Le volte risultano infatti incastrate l’una con l’altra, grazie ai pilastri che si susseguono in una concatenazione del tutto irreale e impossibile da realizzare architettonicamente.<ref>M.C. Escher, ''Grafica e disegni'', pp. 15-16, opera n. 74.</ref> La realizzazione del belvedere si basa su una famosa illusione ottica, il cubo di Necker<ref>Enciclopedia Treccani, [https://www.treccani.it/enciclopedia/cubo-di-necker_%28Enciclopedia-della-Matematica%29/ ''Cubo di Necker''].</ref>. Quest’ultimo è stato rappresentato dall’artista come parte integrante dell’opera: esso si trova infatti nelle mani di un ragazzo, posto nell’angolo in basso a sinistra della litografia, che scruta la strana struttura ignaro del fatto che l’edificio alle sue spalle sia costruito allo stesso modo. Sullo sfondo è visibile una catena montuosa: si tratta delle Montagne del Morrone, una catena appenninica dell’Abruzzo che Escher ha voluto inserire nell’opera come richiamo all'Italia. ===''Giorno e notte''=== ''Giorno e notte'' (titolo originale ''Dag en nacht'', xilografia su due piastre, 39 x 68 cm, 1938 ) è una delle xilografie di Escher in cui è possibile ritrovare l’attento studio della prospettiva e della simmetria. Guardando la stampa, si può notare come Escher raffiguri il giorno e la notte come coesistenti, anche se il confine tra di essi non è precisamente definito.<ref>M.C. Escher, ''Grafica e disegni'', pp. 8-9, opera n. 11.</ref> La parte sinistra, difatti, presenta un maggior uso del bianco, usato al fine di rappresentare la luce del mattino, mentre la parte destra, al contrario, tende a essere sempre più scura, andando a raggiungere un nero intenso ai bordi dell’immagine. Questa gradazione di colore è stata realizzata dall’artista attraverso la ripetizione di forme e sagome di uccelli. Essi sembrano nascere da forme geometriche, ovvero i rettangoli rappresentanti dei campi coltivati, per poi librarsi in aria fino a raggiungere un maggiore grado di complessità e dettaglio. Ciò crea un’illusione ottica nello spettatore, che, guardando il lavoro, non riesce del tutto a porre attenzione su un singolo elemento senza passare al successivo, arrivando infine ad ammirare la scena nella sua interezza. ===''Mano con sfera riflettente''=== L’opera ''Mano con sfera riflettente'' (titolo originale ''Hand met spiegelende bol'', litografia, 32 x 21,5 cm, 1935), conosciuta anche come "Autoritratto allo specchio", è uno degli autoritratti più famosi di Escher. Al centro della stampa, una mano regge una sfera: su questa si riflette proprio lo stesso artista, che siede su una poltrona in una stanza. La scelta di utilizzare superfici specchiate, che si può ritrovare in moltissime delle sue opere, non è casuale, ma permette allo spettatore di osservare più porzioni dello spazio in cui è immerso il soggetto. Difatti, una rappresentazione bidimensionale di una stanza comporta la visione diretta solo di pochi elementi dello spazio, mentre l’utilizzo di una superficie curva, su cui si riflette l’ambiente in cui è immersa, rende possibile la rappresentazione totale di ciò che la circonda (in questo caso, pavimento, pareti e soffitto), anche se in parte distorto. Lo spettatore diventa quindi in grado di immedesimarsi nell’artista, fingendo di essere lui stesso a tenere in mano la sfera in cui si vede riflesso.<ref>The Art Post Blog, ''[https://www.theartpostblog.com/l-autoritratto-allo-specchio-di-escher/ L'autoritratto allo specchio di Escher''].</ref> Il gioco ottico creato dalla distorsione dello specchio, viene interrotto solo in un punto, ovvero il centro. Qui si trova infatti il volto di Escher, che si guarda con occhi sbarrati e sguardo dritto davanti a sé. È dunque chiaro che, nonostante la maestria dell’artista nel rendere possibile la rappresentazione dell’ambiente, il punto focale dell’opera sia l’ego.<ref>M.C. Escher, ''Grafica e disegni'', p. 13, opera n. 51.</ref>, inteso come l’uomo che si studia nel profondo attraverso la sua immagine specchiata.
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