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Kobe Bean Bryant
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===Nba=== ====I primi anni con i Los Angeles Lakers==== Il 26 giugno del 1996 Bryant venne selezionato come tredicesima scelta al Draft per far parte degli Charlotte Hornets. Questi subito dopo lo cedettero ai Los Angeles Lakers in cambio del centro Vlade Divac, in quanto i Lakers avevano appena acquistato uno dei centri più forti della Nba: Shaquille O’Neal. Kobe Bryant giocò la sua prima partita da matricola con i Lakers il 3 novembre, contro i Minnesota Timberwolves, con una una prova anonima di appena sei minuti e zero punti a referto. Nella partita successiva contro i New York Knicks il minutaggio scese a tre minuti, ma Kobe segnò il suo primo punto su tiro libero. Il minutaggio in campo aumentò a 15 minuti circa a metà stagione, ma Kobe era ancora acerbo: lo dimostrarono le scelte sbagliate che prese in campo nell'ultima gara dei quarti di finale playoff di quell’anno, persa contro gli Utah Jazz il 12 maggio del 1997. Dopo un’estate di duro allenamento, la seconda stagione cominciò molto bene per Bryant, che aveva un obbiettivo personale molto chiaro: portare sopra il 10 la media dei punti realizzati, media che l’anno precedente si era fermata a 7,6. Nella partita di apertura della stagione mise a segno 23 punti, contro gli stessi Utah Jazz che avevano interrotto il cammino ai playoff dell’anno precedente. Questa stagione fu sicuramente migliore della prima: Kobe arrivò infatti a segnare trentatré punti contro i Chicago Bulls, che però vinsero la partita, guidati da un Michael Jordan che ne segnò trentasei. La stagione si concluse ancora una volta con una sconfitta per mano degli Utah Jazz che si imposero per 4-0 nella serie. Nella terza stagione Nba, Kobe fu inserito per la prima volta nel quintetto principale e acquisì sempre più fiducia, ma il risultato fu il medesimo; il 17 maggio 1999, i Lakers vennero sconfitti nella semifinale di conference contro i futuri vincitori di quell’anno: i San Antonio Spurs.<ref>Fabbri, Caianiello, ''Kobe Bryant'', pp. 39-49.</ref> ====Tre stagioni vittoriose==== La stagione 1999/2000 fu un anno di svolta per Bryant grazie all’avvento del nuovo allenatore Phil Jackson, che dopo aver vinto il quinto titolo consecutivo con i Chicago Bulls di Michael Jordan e Scottie Pippen si era preso un anno di pausa per passare del tempo con la sua famiglia. Jackson riuscì a ricucire lo strappo interno che si era creato nello spogliatoio dei Lakers tra lo stesso Kobe e il grande Shaquille O’Neal. Secondo il coach, che spesso aveva l’attitudine di vedere il basket attraverso le dottrine della religione buddista, serviva il controllo dello spirito per trasformare un grande numero di giocatori in una grande squadra e per trasformare l’immane ego di Kobe in un’arma capace di sconfiggere gli avversari. Il coach, con l’aiuto dell’allora capitano Ron Harper, guidò la squadra fino ai playoff. La serie finì 4-2 contro gli Indiana Pacers con un Bryant che nonostante una caviglia slogata riuscì a trascinare la squadra alla vittoria del titolo. Nella stagione successiva i conflitti tra Bryant e O’Neal erano riaffiorati. I due volevano essere entrambi leader, ma il primo era riuscito a superare il secondo nelle gerarchie della squadra, grazie a una prestazione di 40 punti nella prima partita di campionato. Tuttavia, i limiti fisici avevano mostrato a Kobe stesso che da solo non poteva farcela e che aveva bisogno delle gambe, delle ginocchia, delle teste e dei cuori dei suoi compagni. I Lakers vinsero nuovamente l’anello, ma Kobe nonostante l’ottima stagione non fu l’Mvp, acronimo di Most Valuable Player: miglior giocatore della stagione o nel caso degli All Star Game di una sola partita. Il premio venne invece assegnato ad Allen Iverson dei Philadelphia 76ers. Il 18 aprile del 2001 Bryant, andando contro il parere dei suoi genitori, sposò l’allora diciannovenne Vanessa Laine, studentessa di origini ispaniche, che aveva conosciuto tre anni prima grazie alla partecipazione di entrambi a un video musicale. Kobe viveva nella località di Brentwood insieme ai genitori; questi ultimi dopo il matrimonio si trasferirono a Philadelphia e ci vollero due anni prima che le due parti si tornassero a parlare. La lontananza dai genitori spinse però il giocatore verso un notevole accrescimento di responsabilità. Il 2002 fu un anno d’oro per Bryant, che alla sua terza partecipazione agli All star game vinse per la prima volta il premio di Mvp nella partita delle stelle, e nello stesso anno guidò la sua squadra al terzo titolo consecutivo, un risultato che nello sport americano viene chiamato three-peat.<ref>Fabbri, Caianiello, ''Kobe Bryant'', pp. 50-62.</ref> ====Il post three-peat==== Le due stagioni successive al three-peat non furono positive per i Lakers che persero entrambe le finali. Inoltre Bryant aveva accusato un dolore al ginocchio e si era quindi recato a Eagle, in Colorado per consultare uno specialista. La sera della sua presenza nella cittadina si concluse con l’accusa, da parte di una donna del posto, di violenza sessuale. L’accusa derivò dalla diversa versione dei due di quanto successe quella sera: per l’atleta era stato un rapporto consensuale, per la ragazza una violenza. La vicenda giudiziaria durata più di un anno si concluse con il ritiro delle accuse da parte della donna, ma l’episodio segnò profondamente il rapporto tra Bryant e sua moglie Vanessa. La riconciliazione avvenne grazie alla nascita della sua primogenita Natalia Diamante il 19 gennaio 2003; a lei seguì la sorella Gianna Maria-Onore nata nel 2006 e deceduta nel 2020 nello stesso incidente in cui perse la vita il padre. I problemi del matrimonio si riproposero nel gennaio del 2011 quando la moglie avanzò una richiesta di divorzio citando “differenze inconciliabili” e richiedendo la custodia delle due figlie. Nel gennaio del 2013 la coppia annunciò sui social di aver ritrovato la serenità e di aver rinunciato al divorzio. Nel 2016 nacque la loro terza figlia Bianka Bella e il 20 giugno 2019 venne data alla luce Capri Kobe. La vicenda di Eagle nel 2002 non influenzò negativamente solo la vita privata di Kobe Bryant ma anche la sua immagine pubblica: l'atleta perse infatti l'appoggio di moltissimi sponsor rimanendo legato solo alla Nike (che però durante quella stagione evitò le campagne pubblicitarie con il suo nome). Inoltre la vicenda ebbe anche conseguenze sulla sua squadra che al termine della stagione dovette salutare Shaquille O’Neal e l’allenatore Jackson. Nella nuova stagione i “grandi Lakers” erano solo un lontano ricordo e il team, guidato prima da Rudy Tomjanovich e poi da Frank Hamblem, non arrivò neanche alla soglia dei playoff. Con il ritorno del coach Phil Jackson, il 22 gennaio 2006, alla Staples Center di Los Angeles, Bryant raggiunse il suo ''career high'', termine americano per indicare il record personale di un giocatore di punti realizzati in una partita, mettendo a segno 81 punti. Questo risultato lo rese, nella storia della Nba, secondo solo a Wilt Chamberlain che contro i Knicks ne aveva segnati 100. Quell’anno Kobe con i suoi 2832 punti fu anche il miglior marcatore della Lega. Bryant, ispirandosi a un film uscito due anni prima, ''Kill Bill: volume II'' di Quentin Tarantino, scelse il soprannome di Black Mamba<ref>https://www.gazzetta.it/Nba/19-12-2017/racconti-un-altra-nba-kobe-mamba-metamorfosi-una-leggenda-240332186904.shtml ,soprannome.</ref>: nel film infatti appariva un mamba nero, serpente a cui si sentiva di somigliare, per quello che riguardava sia il modo di giocare che il modo di agire. La stagione 2006/2007 portò a Kobe un’operazione al ginocchio, un record di 3 partite consecutive (nelle quali segnò più di cinquanta punti, diventando il quarto giocatore nella storia a superare quel traguardo), e il suo secondo premio di Mvp agli All Star Game, vinto segnando 31 punti. L’anno successivo il numero sulla canotta di Bryant cambiò dall’8 al 24: questo cambiamento e il soprannome che si era scelto davano il via a una nuova serie di record e di vittorie. Il 23 dicembre del 2007 il giocatore raggiunse la quota di 20.000 punti in carriera. Tuttavia la vera svolta avvenne a gennaio con l’arrivo in squadra dello spagnolo Pau Gasol, che portò tranquillità a Bryant, e la risalita dei Lakers. Non arrivò la vittoria contro i Boston Celtics, quell'anno, ma il ritorno alle finals fece conquistare a Kobe il titolo di Mvp della Lega, dopo dodici anni di carriera. Nel 2009 all'All Star Game di Phoenix Bryant venne nominato Mvp e condivise il premio con l'ex compagno di squadra Shaquille O'Neal, con il quale sancì definitivamente la pace. Il titolo tornò ai Los Angeles Lakers, che stracciarono 4-2 i Denver Nuggets di Carmelo Anthony in finale; Bryant anche in quella occasione venne premiato come Mvp. Anche nell'anno successivo Bryant fu confermato Mvp e i Lakers campioni. Era il sedicesimo titolo vinto dai Lakers e il quinto personale per Bryant. <ref>Fabbri, Caianiello, ''Kobe Bryant'', pp. 64-87.</ref> ====Verso la fine della carriera==== La stagione successiva, nonostante il secondo posto nella Western Conference, non attenuò il dolore al ginocchio di Kobe. Dopo un primo faticoso turno playoff contro gli Hornets la corsa della squadra si fermò al secondo turno contro i Dallas Mavericks, che quell’anno vinsero il titolo, e alla fine della stagione il coach Phil Jackson, che con Kobe aveva da sempre avuto un rapporto di amore-odio, lasciò Los Angeles. Nel 2011 Kobe lasciò un’impronta sulla Walk of Fame di Hollywood<ref>https://www.quotidiano.net/sport/basket/2011/02/20/462147-bryant_nella_walk_fame.shtml,impronte sulla Walk of fame.</ref>: fu il secondo atleta ad aver ricevuto un riconoscimento del genere dopo Magic Johnson. Il 6 febbraio 2012, diventò il quinto miglior marcatore della storia Nba, mentre all'All Star Game (dove giocò nel quintetto base) segnò 28 punti superando Michael Jordan come miglior realizzatore di sempre all'All-Star Game. Nella stagione 2012/2013, Kobe che aspirava al suo sesto titolo in carriera, si procurò invece un brutto infortunio al tendine d’Achille, a seguito di un contrasto falloso con Harrison Barnes; anche da infortunato, segnò i 2 tiri liberi successivi al fallo e uscì dal campo sulle sue gambe, senza l'ausilio della barella. La carriera di Kobe nel basket professionistico si stava avvicinando alla fine: il suo corpo stava risentendo di tutti gli infortuni subiti. Nella sua diciottesima stagione in Nba, calcò il parquet solamente sei volte, mentre in quella successiva giocando solo trentacinque partite riuscì a diventare il terzo miglior realizzatore della Lega, con 32.293 punti segnati, superando Michael Jordan.<ref>Fabbri, Caianiello, ''Kobe Bryant'', pp. 127-129.</ref> ====L’ultimo Kobe==== Il 29 novembre 2015, Kobe Bryant annunciò che alla fine della stagione si sarebbe ritirato. Incominciò così un lungo cammino di addio<ref>La Gazzetta dello Sport, ''Kobe Bryant. L'uomo che ha incantato il basket'', pp. 14-16.</ref>; in ogni campo dove avrebbero giocato i Lakers, inclusi quelli più ostici come quello di Boston, vi fu il tutto esaurito. In tutte le arene risuonavano i cori: “Kobe, Kobe”. Il 14 febbraio 2016 a Toronto vi fu l’ultima edizione di All Star Game alla quale partecipò Kobe, che invece dei dieci minuti che voleva giocare inizialmente ne giocò ventisette, spinto dal grande e rispettoso coach Greg Popovich. In conclusione della sua memorabile carriera, il 13 aprile 2016 Bryant al centro dello Staples Center disse addio ai suoi tifosi dopo aver messo a segno 60 punti, stabilendo un nuovo record da battere: punti segnati da un giocatore nell’ultima partita della carriera<ref>Fabbri, Caianiello, ''Kobe Bryant'', pp. 133-138.</ref>. Il 18 dicembre 2017 i Lakers, in suo onore, hanno ritirato sia la maglia numero 8 che la numero 24 con una cerimonia allo Staples Center presieduta da Magic Johnson. Kobe fu quindi anche il primo giocatore nella storia dell'Nba a vedere due numeri di maglia ritirati dalla stessa squadra.<ref>https://www.gazzetta.it/Nba/19-12-2017/nba-kobe-la-8-o-24-seconda-stato-piu-difficile-centrare-obiettivi-240324092696.shtml ,ritiro delle maglie.</ref>
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