Fenomenologia dello spirito: differenze tra le versioni

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Questa metafora segna un importante passaggio dialettico: mentre il padrone gode del lavoro della sua servitù, questo resta effettivamente una figura statica, perché si avvale unicamente del lavoro altrui e quindi, dipende da esso. Al contempo, il servo che lavora, è una figura dinamica che si impegna nel lavoro e da lui derivano ogni sorta di sviluppo.<br>
Questa metafora segna un importante passaggio dialettico: mentre il padrone gode del lavoro della sua servitù, questo resta effettivamente una figura statica, perché si avvale unicamente del lavoro altrui e quindi, dipende da esso. Al contempo, il servo che lavora, è una figura dinamica che si impegna nel lavoro e da lui derivano ogni sorta di sviluppo.<br>
A questo punto, si sono invertiti i ruoli: il padrone dipende dal servo. <br>
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La dipendenza dipendente diventa un’indipendenza indipendente. <ref>(Ludwig 1998, pp. 84-89)</ref><br>
''La dipendenza dipendente diventa un’indipendenza indipendente''. <ref>Ludwig 1998, pp. 84-89</ref><br>
Il cammino di autoconoscenza del servo avviene attraverso tre momenti:<br>
Il cammino di autoconoscenza del servo avviene attraverso tre momenti:<br>
1. ''paura della morte'': atto di sottomissione di un’autocoscienza;<br>
1. ''paura della morte'': atto di sottomissione di un’autocoscienza;<br>

Versione delle 23:39, 2 gen 2024

Fenomenologia dello spirito

Opera in cui Hegel racconta il cammino che ogni coscienza deve compiere per rendersi conto di essere parte del tutto. In termini hegeliani, la coscienza è rapporto con un oggetto (l’in-sé), ma, al tempo stesso, è capacità di riflettere su sé stessa (il per-sé). Da questo punto di vista, la Fenomenologia dello spirito si presenta come il racconto di una sempre più complessa consapevolezza della coscienza, che attraverso un lungo percorso in cui rischia di smarrirsi, arriva a comprendere la sua vera essenza, a conoscersi come assoluto, come unica e vera realtà.[1]
È un testo romanzato in cui a Hegel piace utilizzare delle storie come esempi che aiutano a comprendere il processo che si compie.

La nascita dell’opera

La prima volta in cui Hegel menziona il lavoro in preparazione di una Fenomenologia dello spirito è nel maggio 1805, mentre è professore a Jena. Nella notte del 14 ottobre 1806 Hegel scrive le ultime pagine, mentre le cannonate della battaglia di Jena e Auerstedt imperversano.
Infine, la Fenomenologia viene pubblicata e messa in commercio (con la prefazione) nella primavera del 1807.
La Fenomenologia dello spirito è un’anticipazione del sistema filosofico di Hegel[2].

Struttura dell’opera

La Fenomenologia dello spirito si articola in tre momenti:
1. coscienza: fase in cui prendiamo coscienza di ciò che sta fuori di noi, nel mondo;
2. autocoscienza: momento in cui cerchiamo di prendere coscienza di noi stessi:
3. ragione: momento in cui ci rendiamo conto che tra coscienza e autocoscienza, e mondo interno e mondo esterno non c’è distinzione, sono quindi la stessa cosa.

Coscienza

Nella sezione della coscienza si parte in un primo momento dalla conoscenza sensibile, ovvero “dei sensi”: momento in cui la coscienza entra in contatto con l’oggetto. Vedere un oggetto non è, però, immediato come sembra: c’è una relazione tra colui che vede (che Hegel chiama “questi come Io”) e colui che viene visto (il “questo come oggetto”).
Una volta riconosciute queste due parti, tramite una loro analisi più profonda, ci si accorge che non siamo davanti al singolo ma che questi due elementi hanno carattere universale.
Ora si introduce il secondo momento che è della percezione sensibile, in cui l’oggetto è inteso come universale e percependo (wahrnehmend, cioè “cogliendo la verità”) scopre nell’oggetto distinzioni (concetto di negazione) e differenze, che attribuiscono all’oggetto delle proprietà.[3]
La percezione è il risultato del rapporto tra cosa e proprietà e del rapporto reciproco tra le proprietà. Se si esamina il rapporto tra cosa e proprietà, ci si imbatte di nuovo nel fatto che la cosa della percezione soffre per una contraddizione e nel tentativo di determinare l’essenza di un oggetto si cade nell’ambiguità, nell’illusione.

Il terzo e ultimo momento della coscienza si relata all’intelletto. Si cerca di uscire dal vortice di dubbi in cui si è finiti con la percezione, superando la questione da ciò che è condizionato e osservando l’oggetto dall’interno. Questo processo di comprensione considera il concetto di oggetto, che la percezione sensibile non si è fermata a considerare e consolidare, ma che adesso bisogna pensare.
È questo il compito dell’intelletto, che allo stesso tempo “pensa insieme” il frantumarsi dell’in-sé nelle diverse molteplicità e il ritorno delle singolarità nell’essere-uno dell’oggetto.[4]
La verità della cosa non è raggiunta, ma questo fallimento suggerisce un mutamento di prospettiva, una conversione, cioè dall’oggetto al soggetto.

Autocoscienza

A questo punto, la coscienza diventa autocoscienza, quindi “prende coscienza di sé stessa”, e lo fa attraverso l’esperienza del desiderio o concupiscenza (Begierde).
Questa concupiscenza può essere rapportata al senso dell’“appetito” nel mondo animale, in cui la coscienza si interfaccia con l’oggetto del suo desiderio utile, in quel caso, alla sua sopravvivenza e che viene “negato” nella realtà, mentre la coscienza acquista consapevolezza di sé.[5]
Questo è un meccanismo in cui emerge il senso del dominio da parte di un soggetto sull’altro, in cui quest’ultimo si sottomette, non essendo più disposto a rischiare, e prende metaforicamente ruolo dello schiavo mentre l’altro del padrone.

Signoria e servitù

La dinamica del Servo-Padrone è un racconto metaforico che tratta di spiegare l’incontro dell’autocoscienza con un’altra. È il racconto di una lotta tra le due in cui una diviene “Padrone” e l’altra “Servo”, istituendo una gerarchia sociale che si riferisce ai modelli della schiavitù antica. Questa metafora segna un importante passaggio dialettico: mentre il padrone gode del lavoro della sua servitù, questo resta effettivamente una figura statica, perché si avvale unicamente del lavoro altrui e quindi, dipende da esso. Al contempo, il servo che lavora, è una figura dinamica che si impegna nel lavoro e da lui derivano ogni sorta di sviluppo.
A questo punto, si sono invertiti i ruoli: il padrone dipende dal servo.
La dipendenza dipendente diventa un’indipendenza indipendente. [6]
Il cammino di autoconoscenza del servo avviene attraverso tre momenti:
1. paura della morte: atto di sottomissione di un’autocoscienza;
2. servizio: lavoro a beneficio del padrone;
3. lavoro: si differisce dal servizio in quanto libero.
Proprio da questo Hegel sviluppa due categorie della tarda filosofia antica: lo stoicismo e lo scetticismo, e non solo.

La coscienza infelice

Si giunge così ad una figura importantissima della filosofia hegeliana, considerata riassuntiva di un po’ tutto il suo pensiero, in quanto nella figura della coscienza infelice Hegel affronta il rapporto tra coscienza e Dio.
Qui viene ripreso quel senso di infelicità, riportato spesso nel corso degli eventi della storia, che la coscienza ha provato sentendosi “lontana da Dio”.
I tre momenti in cui si articola la coscienza infelice sono:
1. ebraismo: religione in cui si manifesta la maggior distanza tra Dio e coscienza, in cui l’uomo si sente misero nei confronti di una divinità onnipotente;
2. cristianesimo medievale: in cui si cerca di “accorciare le distanze”, in quanto il figlio di Dio è sceso sulla terra incarnandosi in un uomo;
3. sintesi: momento finale in cui la coscienza supera la propria singolarità e si eleva all’universale, si affida totalmente alla divinità, acquistando la certezza di “essere l’intera realtà”.

Ragione

Il terzo momento in cui si sviluppa la coscienza infelice è la sintesi, appunto, di coscienza e autocoscienza: se la coscienza è entrare in relazione con ciò che c’è fuori, l’autocoscienza è entrare in relazione con ciò che c’è dentro. La ragione è trovare quel legame tra queste due dimensioni[7].
La ragione percepisce che esiste un legame tra coscienza e autocoscienza, tra singolarità e universalità, ma ancora non riesce a concepirlo.
Ciò che deve essere concepito è il fatto che l’unità tra universale e singolare esiste già, nel pensiero, il quale viene portato alla mente, ovvero nella ragione.[8]
Inizialmente la ragione compie l’errore di considerare la singolarità sommata a tutte le altre singolarità di radice cosale per ottenere la totalità della realtà, ma sbaglia: la totalità della realtà si può ottenere solamente lacerando la singolarità e superandola, arrivando nell’unità.

Spirito

Lo spirito è la ragione, che è ogni realtà elevata alla verità.
"Lo spirito, in quanto sostanza etica, è il superamento dell’autocoscienza individuale". [9]
Con lo spirito, Hegel fa emergere il concetto di eticità, e più precisamente si riferisce alla via etica di un popolo.
Questo perché nel popolo l’essere individuale vive dentro un processo di realizzazione di sé stesso verso la sua natura universale e viceversa, l’essenza universale realizza la sua singolarità.
La sezione dello spirito si articola in tre momenti:
1. spirito soggettivo: momento in cui lo spirito è ancora individuale;
2. spirito oggettivo: momento in cui si manifesta la consapevolezza di voler raggiungere uno spirito collettivo ed andare oltre a quello individuale (in cui si sviluppano, a loro volta, i concetti di diritto, moralità ed eticità);
3. spirito assoluto: momento di sintesi dei due precedenti, in cui lo spirito ha fatto esperienza all’infuori di sé, riconoscendosi nell’altro, e attraverso l’altro è tornato in sé (qui Hegel fa riferimento a tre discipline specifiche attraverso le quali lo spirito compie questo percorso, e sono l’arte, la religione e la filosofia).

Lo spirito soggettivo

Lo spirito, in primo luogo, giunge alla consapevolezza che la libertà è la sua essenza e si determina attraverso la volontà d’azione.

Lo spirito oggettivo

Lo spirito oggettivo lo ritroviamo in un’analisi autonoma nei Lineamenti di filosofia del diritto del 1821.
Lo spirito in questa sezione è chiamato “oggettivo” poiché si oggettiva nel mondo attraverso le forme del diritto astratto, della moralità e dell’eticità. Il diritto astratto è concepito da Hegel come l’azione della volontà espressa in maniera autonoma e libera, indipendente, che si manifesta in una moltitudine di autocoscienze:
l’individuo inizia a relazionarsi col tutto e, riconoscendo sé stesso, prende coscienza dei propri “diritti”, e cioè la propria libertà d’azione.
L’individuo vuole che i suoi diritti siano riconosciuti, convalidati: nasce quindi il “contratto”, una legiferazione che fa da garante dei diritti del soggetto. Tuttavia, il contratto non è sufficiente a garantire l’incolumità dei diritti, nasce quindi il bisogno di instaurare un sistema di difesa che eserciti una giustizia universale nei confronti delle trasgressioni ai diritti, attraverso la pena (anche in forma rieducativa).
Si passa da qui alla moralità, momento in cui Hegel tenta di spiegare quanto sia difficile e veramente poco affidabile lasciare all’individuo il libero arbitrio di determinare cosa sia bene e cosa sia male, poiché le intenzioni non portano sempre all’attuazione del vero bene.
Ultimo passaggio è l’etica, una morale collettiva vissuta attraverso le leggi del bene:
è il senso del “costume” di un popolo a modificare la visione soggettiva degli individui che formano la pluralità. Viene citata la famiglia, il nucleo sociale di partenza di ogni individuo, la società civile, che viene osservato come momento di “rottura” in cui l’insieme delle famiglie si divide ponendo questi nuclei iniziali in conflitto tra loro, e infine lo stato, in cui si realizza la sintesi più alta dell’etica.

Lo spirito assoluto

Infine, dopo essere stato soggettivo e oggettivo, lo spirito torna in sé stesso e, con piena coscienza di sé, diventa assoluto. Lo spirito assoluto si divide in tre sezioni:
1. l'arte;
2. la religione;
3. la filosofia.
Queste sono le tre vie attraverso le quali lo spirito cerca l’assoluta risoluzione di sé, e alla fine, solamente una è quella decisiva.

L’arte

Momento in cui l’assoluto tenta di manifestarsi, soprattutto attraverso l’intuizione sensibile.
L’arte però, ad un certo punto, fallisce: vede il suo percorso crescere e svilupparsi tentando sempre di più di assumere forme più perfette possibili ma, dopo varie arti in cui lo spirito si è immerso, si rende conto di non trovare più soddisfazione nell’intuizione sensibile, in quanto non adeguata ad esprimerlo. Hegel parla a questo punto di “morte dell’arte”, nel senso che questa non possa essere considerata come forma ultima di espressione dello spirito.

La religione

La religione va oltre l’arte in quanto trasferisce l’assoluto nell’interiorità. Hegel si concentra sul cristianesimo, in quanto “religione rivelata” da Dio.
Anche la religione si articola in una serie di momenti che si succedono uno dopo l’altro, fino ad arrivare alla rivelazione di Dio: vengono per prime le religioni “naturali”, in cui il divino viene venerato attraverso oggetti simbolici e forze della natura. Successivamente si riconoscono la religione greca, quella ebraica e quella romana. L’ultima è, appunto, la “religione rivelata” o “assoluta” in cui i temi del cristianesimo vengono presi come verità fondanti da Hegel: si tenta di rappresentare l’assoluto tramite il processo in cui il Padre (l’essenza divina universale) si incarna nel Figlio (Cristo) e attraverso la fede si fa Spirito Santo e torna in sé, essenza divina.

La filosofia

Infine, la religione viene superata dalla filosofia, che si rivela l’unica disciplina in grado di rappresentare l’assoluto tramite il “concetto”.
Più specificamente Hegel si rifà alla “storia della filosofia” perché in realtà, la parte importante, sarebbe il percorso della filosofia nel tempo per cercare di concettualizzare l’assoluto. Ed è così che si conclude il ciclo, con lo spirito che torna in sé stesso consapevole di essere assoluto che si pensa come concetto.
Ma, alla fine, Hegel lascia in sospeso una questione:
il suo pensiero si sviluppa in un determinato momento storico, nella monarchia costituzionale della Prussia di fine Ottocento, che realizza l’essenza dello Stato, tanto caro e fondamentale per Hegel.
Che sia questa la fine del divenire dell’assoluto o, dal momento che la storia va avanti, sia questo solo un momento di passaggio destinato a evolversi? Questa è la questione che maggiormente animerà i successori di Hegel, formando due diverse correnti di pensiero rappresentate dalla Sinistra e dalla Destra hegeliane[10].

Bibliografia

  • «De Luise» e «Farinetti», Lezioni di storia della filosofia, Zanichelli editore, 2012
  • Ralf Ludwig, Fenomenologia dello spirito, Garzanti Libri, 1998

Note

  1. «De Luise» e «Farinetti» 2012, p.14
  2. Ludwig, 1998
  3. Ludwig 1998, pp. 52-53
  4. Ludwig 1998, pp. 59-60
  5. «De Luise» e «Farinetti» 2012, p. 21
  6. Ludwig 1998, pp. 84-89
  7. «De Luise» e «Farinetti» 2012, p. 22
  8. Ludwig 1998, pp. 84-89
  9. Ludwig 1998, p. 149
  10. «De Luise» e «Farinetti» 2012