Sito archeologico di Delfi: differenze tra le versioni
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Il mostro ucciso da Apollo viene spesso chiamato Pitone. Tradizionalmente, a seguito dell’uccisione, il dio instituì i Giochi Pitici, i secondi giochi panellenici più importanti (i primi erano quelli tenuti a Olimpia). Storicamente, risalgono al VI secolo a.C. e, inizialmente, si tenevano ogni nove anni, il tempo in cui il dio si purificava per l’uccisione di Pitone, ed erano caratterizzati dai peana, canti corali accompagnati dal suono della chitarra in onore di Apollo. I giochi veri e propri si svolgevano vicino a Krissa e a coloro che trionfavano era assegnato un premio in denaro. Dopo la fine della Prima Guerra Sacra (VI secolo a.C.) <ref>Piero Treves, ''[https://www.treccani.it/enciclopedia/guerre-sacre_%28Enciclopedia-Italiana%29/ Sacre, Guerre]'', in ''Enciclopedia Italiana'', Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1936</ref> la cadenza divenne uguale a quella olimpica. Si svolgevano quindi ogni quattro anni, nel terzo anno di ogni Olimpiade sul finire di agosto. I preparativi per i giochi iniziavano sei mesi prima, quando nove cittadini di Delfi venivano inviati in tutte le città greche per annunciare l’inizio dei giochi e dichiarare l’inizio della tregua sacra, detta Hierominia. Dopo la riforma, le competizioni erano sia equestri che atletiche. Gli atleti gareggiavano nudi e i vincitori ricevevano una corona d’alloro. Secondo Pausania, i Giochi Pitici duravano tra i sei e gli otto giorni, di cui i primi tre comprendevano le cerimonie religiose, mentre nel quarto giorno si dava il via alla gara musicale. Nel tempo sono state aggiunte gare di pittura, danza e, nel periodo romano, teatrali. Il penultimo giorno iniziavano le competizioni atletiche, mentre le corse equestri si svolgevano nell’ultima giornata. I giochi continuarono fino alla loro messa a bando da parte di Teodosio I, intorno al 393 d.C. <ref>Ephorate of Antiquities of Phocis, ''[https://delphi.culture.gr/archaelogical-site/site-history/ History of Delphi, The Pythian Games]'', ''The Archaelogical Site of Delphi'', Delfi, Grecia, 2020</ref> | Il mostro ucciso da Apollo viene spesso chiamato Pitone. Tradizionalmente, a seguito dell’uccisione, il dio instituì i Giochi Pitici, i secondi giochi panellenici più importanti (i primi erano quelli tenuti a Olimpia). Storicamente, risalgono al VI secolo a.C. e, inizialmente, si tenevano ogni nove anni, il tempo in cui il dio si purificava per l’uccisione di Pitone, ed erano caratterizzati dai peana, canti corali accompagnati dal suono della chitarra in onore di Apollo. I giochi veri e propri si svolgevano vicino a Krissa e a coloro che trionfavano era assegnato un premio in denaro. Dopo la fine della Prima Guerra Sacra (VI secolo a.C.) <ref>Piero Treves, ''[https://www.treccani.it/enciclopedia/guerre-sacre_%28Enciclopedia-Italiana%29/ Sacre, Guerre]'', in ''Enciclopedia Italiana'', Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1936</ref> la cadenza divenne uguale a quella olimpica. Si svolgevano quindi ogni quattro anni, nel terzo anno di ogni Olimpiade sul finire di agosto. | ||
I preparativi per i giochi iniziavano sei mesi prima, quando nove cittadini di Delfi venivano inviati in tutte le città greche per annunciare l’inizio dei giochi e dichiarare l’inizio della tregua sacra, detta Hierominia. Dopo la riforma, le competizioni erano sia equestri che atletiche. Gli atleti gareggiavano nudi e i vincitori ricevevano una corona d’alloro. Secondo Pausania, i Giochi Pitici duravano tra i sei e gli otto giorni, di cui i primi tre comprendevano le cerimonie religiose, mentre nel quarto giorno si dava il via alla gara musicale. Nel tempo sono state aggiunte gare di pittura, danza e, nel periodo romano, teatrali. Il penultimo giorno iniziavano le competizioni atletiche, mentre le corse equestri si svolgevano nell’ultima giornata. | |||
I giochi continuarono fino alla loro messa a bando da parte di Teodosio I, intorno al 393 d.C. <ref>Ephorate of Antiquities of Phocis, ''[https://delphi.culture.gr/archaelogical-site/site-history/ History of Delphi, The Pythian Games]'', ''The Archaelogical Site of Delphi'', Delfi, Grecia, 2020</ref> | |||
==Riconoscimento come patrimonio UNESCO== | ==Riconoscimento come patrimonio UNESCO== |
Versione delle 18:53, 26 gen 2024
Il sito archeologico di Delfi è ciò che resta di uno dei luoghi più importanti della storia e della religione dell'antica Grecia. Delfi era infatti la sede dei Giochi Pitici e lì si trovavano i templi dedicati ad Atena Pronaia e Apollo e il famoso oracolo.
A causa della sua grande rilevanza, il sito è stato riconosciuto come patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Archeologia del sito
Dalle origini all'epoca romana
Il sito archeologico di Delfi è situato alla base del monte Parnaso, uno dei più elevati della Grecia centrale [1], situato a nord del Golfo di Corinto.
Nella cultura greca classica Delfi era considerata il centro del mondo. Secondo il mito, Zeus, re degli dèi olimpici, aveva liberato due aquile dai confini dell’universo per cercarne il centro e queste si erano incontrate proprio a Delfi, che aveva quindi preso l'appellativo di "ombelico del mondo".
Sebbene Delfi abbia avuto il suo periodo di massimo splendore tra il il VI e il IV secolo a.C., i primi ritrovamenti nella zona risalgono al 4000 a.C. ed erano legati alla grotta Korykeion Andron sul monte Parnaso. Sono stati ritrovati anche resti di un insediamento miceneo e di un cimitero. Tuttavia, fino all’VIII secolo a.C., le tracce sono rare e frammentarie.
Verso la fine del VII secolo a.C. furono eretti i templi di Apollo e Atena, detta Pronaia. Oltre a loro, anche altre divinità erano onorate nei templi. Il santuario assunse significati prima religiosi e poi politici per la Lega Anfizionica che lo controllava. Nel corso della Prima Guerra Sacra (VI secolo a.C.), tuttavia, divenne autonomo, pur rimanendo sotto la protezione e l’amministrazione della Lega. A questo periodo risale l’istituzione dei Giochi Pitici.
La sacralità del santuario era strettamente connessa all’oracolo di Delfi, dove la Pizia, sacerdotessa di Apollo, profetizzava il futuro. I suoi responsi erano considerati i più affidabili del mondo antico, tanto che re, governi e cittadini si recavano a consultare l’oracolo e lasciavano offerte al dio. La fama del santuario crebbe e raggiunse il suo apice tra il VI e il IV secolo a.C. Proprio tale fama fu tra le cause delle due guerre sacre svoltesi tra la metà del V e il IV secolo a.C., a cui seguì la conquista di Delfi da parte degli Etoli. Nel III secolo a.C. il movimento filosofico razionalista fece perdere all’oracolo gran parte della sua credibilità, ma non interruppe i riti.
Delfi fu conquistata dai romani nel 191 a.C. In epoca romana il santuario fu sia favorito che saccheggiato, a seconda della posizione religiosa e politica che il governo romano aveva nei confronti dell’oracolo. Tra i saccheggi, il più importante fu quello di Silla, avvenuto nell’86 a.C. Nel II secolo d.C., l’imperatore Adriano si recò a Delfi per un consulto e Pausania la visitò, descrivendone gli edifici e le oltre trecento statue. Dopo quest’ultima epoca di rinascita, l’oracolo venne chiuso dall’imperatore Teodosio nel 395 d.C. [2] e, in seguito, distrutto dalle popolazioni slave. Delfi divenne sede vescovile e fu poi abbandonata tra il VI e il VII secolo d.C. [3]
Ritrovamento del sito
Durante il Medioevo, l’ubicazione precisa del santuario di Delfi si perse. Sulle rovine sorse un piccolo villaggio chiamato Kastri, costruito riutilizzando il marmo degli edifici distrutti. Nel XV secolo, Ciriaco di Ancona visitò il sito e rese celebre il villaggio grazie al suo lavoro di documentazione.
Anche grazie alla sua opera, la posizione esatta dell’antica Delfi venne ritrovata ma scavare si rivelò quasi impossibile a causa della presenza del villaggio. Alcuni scavi di prova furono effettivamente compiuti nel 1840 e nel 1860 ma rimasero circoscritti al muro poligonale situato dietro il Santuario di Apollo. Il muro, creato per sorreggere la piattaforma su cui sorge il tempio, delimitava l'area a nord-est; fu eretto nella seconda metà del VI secolo a.C. e si conserva ancora oggi.[4]
La Grande Fouille
La svolta avvenne nel 1870 quando un grande terremoto colpì l’area. Gran parte del villaggio di Kastri venne distrutta e questo offrì l’opportunità per iniziare nuovi scavi. Nel 1880, l'archeologo Haussoulier iniziò l’opera dal Portico degli Ateniesi, ma si dovette attendere il governo greco di Charilaos Trikoupis per la vera svolta. Trikoupis riuscì a instaurare una collaborazione tra Grecia e Francia che portò a quello che passò alla storia come “La Grande Fouille”, ovvero “Il Grande Scavo”, così chiamato sia per il lungo periodo di tempo in cui avvennero le operazioni (1892-1903), sia per l’estensione dell’area da scavare, per le difficoltà dello scavo stesso, per il numero di persone mobilitate e, soprattutto per l’importanza e il numero di monumenti e reperti ritrovati.
Gli scavi furono guidati dalla École Française d’Athènes e vi parteciparono alcuni tra i più grandi archeologi francesi, tra cui il direttore stesso degli scavi, Théophile Homolle. Il primo passo fu la costruzione di una ferrovia con vagoni per spostare i detriti. A metà di ottobre 1892 si iniziò l’opera di scavo ma la si dovette interrompere presto a causa della stagione fredda. L’anno successivo, tra aprile e novembre, si riuscì a ritrovare buona parte del Tesoro degli Ateniesi, la Rocca della Sibilla e l’Altare degli abitanti di Chios.
Negli anni successivi furono ritrovate gran parte delle sculture e degli altri manufatti e riemersero anche gran parte degli altri edifici della Via Sacra. Furono ritrovati anche l’Auriga, un monumento dedicato a un vincitore dei Giochi Pitici, e la colonna scolpita dei Tre danzatori. Si proseguì con i monumenti che componevano l’antico santuario di Apollo, lo stadio e la palestra. Infine, ci si dedicò all’area chiamata Marmaria, che conteneva il santuario di Atena Pronaia. [5]
Le Grande Fouille si concluse ufficialmente il 2 maggio 1903 con l’inaugurazione del primo museo, creato per ospitare i reperti ritrovati fino a quel momento.
Dal 1903 a oggi
Nel 1903 si inaugurò a Delfi l’epoca della cosiddetta seconda generazione di archeologi, chiamata così poiché successiva a la Grande Fouille, che per circa trent’anni fece diventare Delfi un centro di ricerca e studio sia per greci che per stranieri. Risalgono a questo periodo gli eventi organizzati dal poeta Angelos Sikelianos e sua moglie, Eva Palmer; gli eventi puntavano a far rivivere Delfi come centro culturale e riuscirono a far tornare il luogo un centro musicale e di spettacolo, anche grazie a rappresentazioni teatrali di ispirazione antica. [6]. Tali eventi presero il nome di Festival Delfici.
Vennero anche iniziati i lavori per un nuovo museo, le cui mostre avrebbero dovuto rispecchiare l’approccio ai reperti della seconda generazione, che criticava l’importanza che la prima generazione aveva dato all’architettura a scapito delle arti minori e plastiche. Il museo, costruito tra il 1935 e il 1938, ospitò una nuova esposizione dei reperti nel 1939, anno in cui si concluse la seconda generazione di scavi. Questa mostra, però, non venne mai aperta al pubblico a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Il museo chiuse fino al 1950 e molte opere, tra cui l’Auriga, furono spostate temporaneamente ad Atene. Nel 1956 iniziò una nuova fase. Il museo aveva riaperto al pubblico da sei anni e la necessità di ampliarlo si faceva sempre più impellente. La ristrutturazione fu affidata all’architetto Patroclos Karantinos. Il museo riaprì infine nel 1961 ed è tutt’ora visitabile.
A un secolo esatto dalla sua inaugurazione, è stata tenuta una nuova mostra per valorizzare alcuni tra i reperti più importanti e verificare la compatibilità tra l’approccio del museo ai reperti e i risultati degli studi recenti svolti su essi. [7]
Architettura del sito
L’inizio del sito archeologico si trova a circa 400 metri dalla moderna Delfi. La strada Aracova-Amphissa-Itea divide e delimita i due santuari antichi quello dedicato ad Atena Pronaia, che comprende la Tholos, la palestra, i templi della dea e almeno due tesori e quello più conosciuto, dedicato al dio Apollo. La Via Sacra, che terminava proprio nel santuario, era fiancheggiata dai Tesori delle città greche e da complessi scultorei monumentali. Il santuario di Apollo comprendeva il famoso Oracolo di Delfi. Sopra di esso era posizionato il teatro. Fuori dal recinto sacro erano situati lo Stadio, il Portico Occidentale e altri edifici pubblici. [8]
Tempio di Apollo
Il più antico tempio dedicato al dio Apollo risale al 510 a.C. ma venne distrutto da un terremoto nel 373 a.C. Le varie città greche, come avevano già fatto per il primo tempio, raccolsero denaro finché un nuovo tempio non poté sorgere là dov’era stato il primo.
Il secondo tempio, i cui lavori di costruzione finirono tra il 334 e il 333 a.C., è quello le cui rovine possono essere modernamente visitate. Nel 327 a.C. furono ultimate anche le decorazioni scultoree dei frontoni. Gli architetti che lo costruirono, Spintharus, Xenodorus e Agathon, usarono il modello dorico con periptero, dotando così il tempio di un portico. Il suo ingresso (vestibolo) era dotato di sei colonne e, come lo spazio posto dietro la cella, detto l’opistodomo, aveva un tipico stile in antis. I frontoni erano invece stati affidati a Prassia e Androstene, che scolpirono sul frontone orientale Apollo circondato dalle Muse e sull’occidentale Dionisio tra le Menadi. Dionisio era padrone del tempio nei tre mesi invernali, tant’è che la sua tomba era situata all’interno dell’edificio. Le metope del colonnato esterno, detto pteron, erano decorate con scudi dorati che commemoravano le vittorie greche contri i barbari persiani e galati. La cella era tripartita e conteneva la statua di Apollo e l’omphalos. L'omphalos, o omfalo, era una pietra cilindrica scolpita che simboleggiava l'ombelico del mondo ma, secondo il mito, rappresentava anche la pietra posta sulla tomba del mostro Pitone, ucciso da Apollo [9]. Data la sua sacralità, era conservata vicino a dove la Pizia, sacerdotessa del dio, profetizzava il futuro. Sotto la cella, la Pizia pronunciava i responsi dell’Oracolo. L’accesso a questo luogo era consentito solo ai sacerdoti. Sulle pareti del vestibolo erano incise le massime delfiche, e al suo interno erano situate anche la statua di Omero e gli altari dedicati a Poseidone ed Estia.
L’imperatore Domiziano ristrutturò il tempio nel 84 d.C., ma l’incendio del III secolo lo danneggiò. L’imperatore Giuliano ordinò un nuovo intervento nel 363 d.C. che riparò a parte dei danni. Infine, il tempio venne abbandonato in seguito agli editti di Teodosio I. [10]
Templi di Atena Pronaia
Il santuario della dea era la prima cosa che un visitatore incontrava da oriente. Nel corso dei secoli, nell'area che circonda i resti del tempio di Atena Pronaia, sono sorti in effetti tre templi; prima che il luogo fosse dedicato ad Atena, in quello spazio si svolgevano i rituali per il culto di Gaia, la Terra.
Il primo tempio di Atena Pronaia sorse nel VII secolo a.C. e fu realizzato in pietra di poros. Di esso restano dodici colonne doriche e parte delle fondamenta poligonali.
Quando, nel VI secolo a.C., il tempio venne distrutto, al suo posto venne eretto un secondo tempio, sempre dedicato ad Atena e con lo stesso materiale del primo. Aveva dodici colonne sui lati lunghi e sei sui corti, mentre le sue metope, i suoi frontoni e i suoi acroteri erano decorati con figure di terracotta. Di questo secondo tempio erano state ritrovate quindici colonne che però crollarono in seguito a una frana nel 1905.
Il terzo tempio era fatto, al contrario dei primi due, di pietra calcarea e fu costruito nella seconda metà del IV secolo a.C. a ovest della terrazza, un luogo ritenuto più sicuro dei precedenti. Si è dibattuto se fosse dedicato ad Atena o ad Artemide, dea della caccia, ma la maggior parte degli studiosi tradizionalisti crede che la prima opzione sia quella giusta. Del tempio rimangono solo le fondamenta, ma i lavori di ricostruzione hanno portato al restauro completo della sua pianta. Il tempio poggiava su crepis di tre livelli e aveva uno stile in antis con sei colonne sula facciata. Aveva un vestibolo e una cella, divisa dal pronao da colonne ioniche. Le uniche decorazioni scolpite erano situate sugli acroteri, che tuttavia non sono stati ritrovati.
Alcuni studiosi ritengono che il secondo e il terzo tempio abbiano convissuto dopo la costruzione di quest’ultimo.[11]
Tradizioni sacre e miti legati al sito
Miti sull’origine del sito
Ciò che rese nota nel mondo antico la regione delfica fu, sopra ogni cosa, la presenza dell’Oracolo di Delfi, dove la Pizia, sacerdotessa di Apollo, prevedeva il futuro. Esistono tanti miti di diversi autori legati alla fondazione dell’Oracolo e del santuario. La versione di Diodoro di Sicilia, riportata nella sua Bibliotheca Historica, racconta di come un pastore, notando una fessura dalla quale fuoriuscivano dei fumi, vi si fosse avvicinato e avesse iniziato a pronunciare parole incomprensibili. Presto fu chiaro che quelle parole erano in grado di predire il futuro.
Anche Omero descrisse la fondazione dell’Oracolo nell’Inno ad Apollo. In questa versione, il dio Apollo stava cercando il luogo adatto ad ospitare il suo Oracolo. Dopo lunghe ricerche, si imbatté nella ninfa Telphousa, che lo ingannò. Per vendicarsi, una volta tornato alla sorgente della ninfa, il dio la seppellì sotto un mucchio di pietre e decise di costruire lì il proprio oracolo. Con una freccia, Apollo uccise poi un drago che terrorizzava quelle terre e decretò che il mostro non avrebbe più ferito coloro che venivano per offrire al dio sacrifici o per consultare l’oracolo. Secondo Omero, i primi sacerdoti del santuario furono degli uomini che il dio, trasformato in delfino, aveva portato in salvo. Da qui, Apollo assunse l’appellativo di Delphinios, e il luogo dove sorgeva il suo oracolo venne rinominato Delfi.
Nell’Eumenide di Eschilo viene presentata una terza versione di questo mito. Si racconta che la prima a predire il futuro a Delfi fosse Gaia, la Terra. Dopo di lei vennero sua figlia, Themis, e la titanessa Febe. Quando Apollo, proveniente da Delo, si insediò a Delfi, ereditò il titolo Febo da Febe. Nella versione di Eschilo, Atena Pronaia aveva anch’essa il potere di predire il futuro grazie agli insegnamenti delle ninfe alate del Parnasso, chiamate Thriae. Apollo, offeso, chiese l’intervento di suo padre Zeus. Atena abbandonò quindi l’arte del predire il futuro tramite ciottoli, e gettò questi ultimi nel Campo del Thriassio, che prese il nome dal gesto della dea. Di questa versione della fondazione esistono anche due versioni alternative fornite da Pausania.
Un altro tra i tanti miti di fondazione è di Euripide, raccontato nella sua Ifigenia tra i Tauri. Apollo, ancora bambino, giunse sul monte Parnaso insieme alla madre Leto e sconfisse il drago insediatosi in quel luogo. Scacciò Themis, figlia di Gaia, dal tempio e se ne impadronì. La dea Terra, adirata, cercò di indebolire il potere profetico di Apollo, ma intervenne Zeus, re degli dèi, per ridare al dio il suo potere. [12]
Giochi pitici
Il mostro ucciso da Apollo viene spesso chiamato Pitone. Tradizionalmente, a seguito dell’uccisione, il dio instituì i Giochi Pitici, i secondi giochi panellenici più importanti (i primi erano quelli tenuti a Olimpia). Storicamente, risalgono al VI secolo a.C. e, inizialmente, si tenevano ogni nove anni, il tempo in cui il dio si purificava per l’uccisione di Pitone, ed erano caratterizzati dai peana, canti corali accompagnati dal suono della chitarra in onore di Apollo. I giochi veri e propri si svolgevano vicino a Krissa e a coloro che trionfavano era assegnato un premio in denaro. Dopo la fine della Prima Guerra Sacra (VI secolo a.C.) [13] la cadenza divenne uguale a quella olimpica. Si svolgevano quindi ogni quattro anni, nel terzo anno di ogni Olimpiade sul finire di agosto.
I preparativi per i giochi iniziavano sei mesi prima, quando nove cittadini di Delfi venivano inviati in tutte le città greche per annunciare l’inizio dei giochi e dichiarare l’inizio della tregua sacra, detta Hierominia. Dopo la riforma, le competizioni erano sia equestri che atletiche. Gli atleti gareggiavano nudi e i vincitori ricevevano una corona d’alloro. Secondo Pausania, i Giochi Pitici duravano tra i sei e gli otto giorni, di cui i primi tre comprendevano le cerimonie religiose, mentre nel quarto giorno si dava il via alla gara musicale. Nel tempo sono state aggiunte gare di pittura, danza e, nel periodo romano, teatrali. Il penultimo giorno iniziavano le competizioni atletiche, mentre le corse equestri si svolgevano nell’ultima giornata.
I giochi continuarono fino alla loro messa a bando da parte di Teodosio I, intorno al 393 d.C. [14]
Riconoscimento come patrimonio UNESCO
Il sito archeologico di Delfi è riconosciuto come patrimonio UNESCO dal 1987. Il sito soddisfa cinque dei dieci criteri di selezione UNESCO. In particolare, sono rispettati:
- Criterio (i): l’allestimento di Delfi è un risultato artistico unico
- Criterio (ii): Delfi ha avuto una grande influenza nel mondo antico, sia come santuario che come meta di viaggio di personaggi storici
- Criterio (iii): il sito è una testimonianza unica della religione e della civiltà greche ed è stato un luogo centrale in molti avvenimenti storico-politici, tra cui le Guerre Sacre, e atletici, come i Giochi Pitici
- Criterio (iv): Delfi era un complesso architettonico ritenuto eccezionale e un importante esempio di santuario panellenico
- Criterio (vi): Delfi è associata a credenze e tradizioni di eccezionale significato universale in quanto creduta ombelico dell’universo.
Sono anche state considerate la notevole integrità del sito, che è rimasto inalterato nel corso dei secoli e i cui progetti di restauro sono stati limitati ed eseguiti secondo quanto prescritto nella Carta di Venezia, e la sua autenticità, che si conserva sia nel paesaggio che nel percorso di visita. [15]
Note
- ↑ Parnaso, Enciclopedia on line, Piazza della Enciclopedia Italiana, Roma, 2024
- ↑ Delfi, Dizionario di storia, Piazza della Enciclopedia Italiana, Roma, 2010
- ↑ Elena C. Partida, History, Hellenic Culture Organization, Ministry of Culture and Sports | Delphi, Mpoumpoulinas 20, Athina 106 82, Grecia, 2012
- ↑ Elena C. Partida, The polygonal wall of Delphi, Hellenic Culture Organization, Ministry of Culture and Sports | Delphi, Mpoumpoulinas 20, Athina 106 82, Grecia, 2012
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, History of the excavations at Delphi, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ Elena C. Partida, History, Hellenic Culture Organization, Ministry of Culture and Sports | Delphi, Mpoumpoulinas 20, Athina 106 82, Grecia, 2012
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, DELPHI MUSEUM HISTORY, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ Nicola Turchi, Omfalo, in Enciclopedia Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1935
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, The Temple οf Apollo, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, The temple of Athena Pronaia, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, Mythological versions of the foundation of the Oracle, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ Piero Treves, Sacre, Guerre, in Enciclopedia Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1936
- ↑ Ephorate of Antiquities of Phocis, History of Delphi, The Pythian Games, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- ↑ UNESCO: World Heritage Convention, Archaeological Site of Delphi, World Heritage List, UNESCO World Heritage Centre, Parigi, Francia, 2024
Bibliografia
- Parnaso, Enciclopedia on line, Piazza della Enciclopedia Italiana, Roma, 2024
- Delfi, Dizionario di storia, Piazza della Enciclopedia Italiana, Roma, 2010
- Elena C. Partida, History, Hellenic Culture Organization, Ministry of Culture and Sports | Delphi, Mpoumpoulinas 20, Athina 106 82, Grecia, 2012
- Ephorate of Antiquities of Phocis, History of the excavations at Delphi, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- Elena C. Partida, The polygonal wall of Delphi, Hellenic Culture Organization, Ministry of Culture and Sports | Delphi, Mpoumpoulinas 20, Athina 106 82, Grecia, 2012
- Ephorate of Antiquities of Phocis, Delphi museum history, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- Ephorate of Antiquities of Phocis, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
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- Nicola Turchi, Omfalo, in Enciclopedia Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1935
- Ephorate of Antiquities of Phocis, The temple of Athena Pronaia, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
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- Piero Treves, Sacre, Guerre, in Enciclopedia Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1936
- Giuseppe Biamonti, Vincenzo Monti, Ifigenia tra i Tauri Tragedia, Italia, Lo Stampator Gio. Desideri, 1789
- Homerus, Inno Ad Apollo Di Omero Tradotto Da Andrea Righettini, Italia, Per N. Bettoni E Compagni, 1830
- Ephorate of Antiquities of Phocis, History of Delphi, The Pythian Games, The Archaelogical Site of Delphi, Delfi, Grecia, 2020
- UNESCO: World Heritage Convention, Archaeological Site of Delphi, World Heritage List, UNESCO World Heritage Centre, Parigi, Francia, 2024