Fenomenologia dello spirito
La Fenomenologia dello spirito è un'opera filosofica di Georg Wilhelm Friedrich Hegel pubblicata nella primavera del 1807. Nell'opera, Hegel presenta il cammino che, secondo la sua filosofia, ogni coscienza deve compiere per rendersi conto di essere parte del tutto.
Il percorso di evoluzione che la coscienza affronta si articola in diversi passaggi a loro volta caratterizzati da un certo grado di complessità, fino ad arrivare al riconoscimento della sua vera essenza, e cioè del suo essere che è l'Infinito. Questo è un punto essenziale della filosofia di Hegel, che ritiene che il Finito non esista e sia in realtà solo una delle tante parti dell'Infinito. Per arrivare a comprendere la sua vera essenza la coscienza ha bisogno delle esperienze: solo grazie a queste arriverà a conoscere parti di sé e del mondo che la circonda che saranno necessarie per permetterle di evolvere fino a tal punto. In termini hegeliani la coscienza è definita come l’essere in-sé, cioè l'oggetto, le cose del mondo per come oggettivamente sono, e al tempo stesso è capacità di riflettere su sé stessa in quanto coscienza individuale, definita come l'essere per-sé [1].
Nella Fenomenologia dello spirito Hegel utilizza numerosi esempi che aiutano a comprendere il processo che si compie.
Nascita dell’opera
Hegel menziona il lavoro in preparazione di una "Fenomenologia dello spirito" per la prima volta nel maggio 1805, mentre è professore a Jena. Termina di scrivere l'opera mentre rimbombano le cannonate delle battaglie di Jena e Auerstedt la notte del 14 ottobre 1806[2]. Pubblica infine la Fenomenologia completa nella primavera del 1807.[3].
Struttura
Il processo della coscienza nella Fenomenologia dello spirito si articola in tre momenti:
- coscienza: fase in cui viene presa coscienza di ciò che sta fuori dal sé, nel mondo
- autocoscienza: momento in cui viene presa coscienza del sé
- ragione: momento in cui sorge la consapevolezza che tra coscienza e autocoscienza e mondo interno e mondo esterno non c’è distinzione, in quanto sono la stessa cosa
Coscienza
Nella sezione della coscienza si parte in un primo momento dalla conoscenza sensibile, ovvero “dei sensi”: momento in cui la coscienza entra in contatto con l’oggetto. Riconoscere un oggetto non è però così immediato: c’è una relazione tra ciò che vede (che Hegel chiama “questi come Io”) e ciò che viene visto (il “questo come oggetto”). Queste due parti vengono riconosciute e viene attribuito a entrambe il carattere universale: non sono quindi due entità singole e separate tra loro.
Il secondo momento è caratterizzato dalla percezione sensibile, in cui l’oggetto è inteso come universale e, percependo (wahrnehmend, cioè “cogliendo la verità”), vengono definite nell’oggetto delle distinzioni (concetto di negazione[4]) e differenze, che attribuiscono all’oggetto delle proprietà.[5] La percezione è il risultato del rapporto tra la cosa e le sue proprietà e del rapporto reciproco tra le proprietà. Adesso la cosa, l'oggetto, è colta come universale ma nell'analisi delle sue proprietà si cade vittima di ciò che Hegel chiama "gorgo"[6], la confusione nel distinguere l'unità e la molteplicità. La percezione risulta essere quindi ingannevole poiché vittima di questo "gorgo" di incertezze e contraddizioni.
Il terzo e ultimo momento della coscienza si relata all’intelletto. Per uscire dal "gorgo" in cui si è finiti con la percezione, riguardo i conflitti tra la cosa e le sue proprietà, viene cambiato punto di vista e adesso l'oggetto è visto dall'interno. Questo processo di comprensione considera il concetto di oggetto, che la percezione sensibile non si è fermata a considerare e consolidare, ma che adesso bisogna pensare. È questo il compito dell’intelletto: riconoscere le varie parti di cui si compone l'oggetto e il loro ritorno verso la nuova integrità della cosa.[7]
L'essenza pura della cosa non è raggiunta, ma questo fallimento suggerisce un mutamento di prospettiva, una conversione, cioè dall’oggetto al soggetto.
Autocoscienza
A questo punto, la coscienza diventa autocoscienza, quindi “prende coscienza di sé stessa”, e lo fa attraverso l’esperienza del desiderio o concupiscenza (Begierde). Questa concupiscenza può essere rapportata al senso dell’“appetito” nel mondo animale, in cui la coscienza si interfaccia con l’oggetto del suo desiderio utile, in quel caso, alla sua sopravvivenza e che viene “negato” nella realtà, mentre la coscienza acquista consapevolezza di sé.[8] Questo è un meccanismo in cui emerge il senso del dominio da parte di un soggetto sull’altro dove quest’ultimo si sottomette, non essendo più disposto a rischiare, e prende metaforicamente il ruolo del servo mentre l’altro quello del padrone.
Signoria e servitù
La dinamica del Servo-Padrone è un racconto metaforico che cerca di spiegare l’incontro dell’autocoscienza con un’altra. È il racconto di una lotta tra le due autocoscienze in cui una diviene “Padrone” e l’altra “Servo”, istituendo una gerarchia sociale che si riferisce ai modelli della schiavitù antica. Questa metafora segna un importante passaggio dialettico: il padrone gode del lavoro della sua servitù e resta effettivamente una figura statica, perché si avvale unicamente del lavoro altrui e quindi, dipende da esso. Al contempo, il servo è una figura dinamica che si impegna nel lavoro e da lui deriva ogni sorta di sviluppo. A questo punto, si sono invertiti i ruoli: il padrone dipende dal servo. La dipendenza dipendente diventa un’indipendenza indipendente. [9]
Il cammino di autoconoscenza del servo avviene attraverso tre momenti:
- paura della morte: atto di sottomissione di un’autocoscienza
- servizio: lavoro a beneficio del padrone
- lavoro: differente dal servizio in quanto libero
Per spiegare il tipo di cultura che si sviluppa dalla coscienza servile, Hegel utilizza due delle importanti correnti della tarda filosofia antica: lo stoicismo e lo scetticismo[10].
La coscienza infelice
A seguito della dinamica del servo-padrone si giunge a un altro concetto di fondamentale importanza nella filosofia di Hegel: la coscienza infelice. Questa espressione indica il senso di infelicità, riportato spesso nel corso degli eventi della storia, che la coscienza ha provato sentendosi “lontana da Dio”[11].
I tre momenti in cui si articola la coscienza infelice sono:
- ebraismo: religione in cui si manifesta la maggior distanza tra Dio e coscienza, in cui l’uomo si sente misero nei confronti di una divinità onnipotente
- cristianesimo medievale: in cui si cerca di “accorciare le distanze”, in quanto il figlio di Dio è sceso sulla terra incarnandosi in un uomo
- sintesi: momento finale in cui la coscienza supera la propria singolarità e si eleva all’universale, si affida totalmente alla divinità, acquistando la certezza di “essere l’intera realtà”
Ragione
Il terzo momento in cui si sviluppa la coscienza infelice è la sintesi, appunto, di coscienza e autocoscienza: se la coscienza è entrare in relazione con ciò che c’è fuori, l’autocoscienza è entrare in relazione con ciò che c’è dentro. La ragione è trovare quel legame tra queste due dimensioni[12].
La ragione percepisce che esiste un legame tra coscienza e autocoscienza, tra singolarità e universalità, ma ancora non riesce a concepirlo. Ciò che deve essere concepito è il fatto che l’unità tra universale e singolare esiste già, nel pensiero, il quale viene portato alla mente ovvero nella ragione.
Inizialmente la ragione compie l’errore di considerare la singolarità sommata a tutte le altre singolarità di radice cosale (intesa come l'essenza dell'assoluto che sta in ogni cosa, il principio dell'universalità secondo il quale ogni singolarità è composta da quella solita essenza) per ottenere la totalità della realtà, ma sbaglia: la totalità della realtà si può ottenere solamente superando la singolarità e arrivando nell’unità[13].
Spirito
Dopo la ragione si arriva allo spirito, che è la ragione stessa. "Lo spirito, in quanto sostanza etica, è il superamento dell’autocoscienza individuale". [14] Con lo spirito, Hegel fa emergere il concetto di eticità, e più precisamente si riferisce alla via etica di un popolo. Questo perché nel popolo l’essere individuale vive dentro un processo di realizzazione di sé stesso verso la sua natura universale e l’essenza universale realizza la sua singolarità.
La sezione dello spirito si articola in tre momenti:
- spirito soggettivo: momento in cui lo spirito è ancora individuale
- spirito oggettivo: momento in cui si manifesta la consapevolezza di voler raggiungere uno spirito collettivo e andare oltre a quello individuale (in cui si sviluppano, a loro volta, i concetti di diritto, moralità ed eticità)
- spirito assoluto: momento di sintesi dei due precedenti, in cui lo spirito ha fatto esperienza all’infuori di sé, riconoscendosi nell’altro, e attraverso l’altro è tornato in sé (qui Hegel fa riferimento a tre discipline specifiche attraverso le quali lo spirito compie questo percorso: l’arte, la religione e la filosofia)
Lo spirito soggettivo
Come nella triade di coscienza, autocoscienza e ragione, lo spirito soggettivo è il primo momento di questa seconda triade composta da spirito oggettivo e spirito assoluto, in cui l'individuo emerge dal mondo circostante (dalla naturalità, come la chiama Hegel) e prende una prima consapevolezza di sé e di ciò che lo circonda.
Lo spirito, in primo luogo, riconosce di essere indipendente e di avere il libero arbitrio su tutto ciò che lo riguarda: è libero. Giunge così alla consapevolezza che la libertà è la sua essenza[15] e si determina attraverso la volontà d’azione, che prenderà forme più specifiche nello spirito oggettivo.
Lo spirito oggettivo
Lo spirito oggettivo si ritrova in un’analisi autonoma nei Lineamenti di filosofia del diritto del 1821[16]. Lo spirito in questa sezione è chiamato “oggettivo” poiché si oggettiva nel mondo attraverso le forme del diritto astratto, della moralità e dell’eticità.
Il diritto astratto è concepito da Hegel come l’azione della volontà espressa in maniera autonoma e libera, indipendente, che si manifesta in una moltitudine di autocoscienze: l’individuo inizia a relazionarsi col tutto e, riconoscendo sé stesso, prende coscienza dei propri diritti, e cioè della propria libertà d’azione.
L’individuo vuole che i suoi diritti siano riconosciuti, convalidati: nasce quindi il “contratto”, una legiferazione che fa da garante dei diritti del soggetto. Tuttavia, il contratto non è sufficiente a garantire l’incolumità dei diritti. Nasce quindi il bisogno di instaurare un sistema di difesa che eserciti una giustizia universale nei confronti delle trasgressioni ai diritti, attraverso la pena (anche in forma rieducativa).
Si passa da qui alla moralità, momento in cui Hegel tenta di spiegare quanto sia difficile e veramente poco affidabile lasciare all’individuo il libero arbitrio di determinare cosa sia bene e cosa sia male, poiché le intenzioni non portano sempre all’attuazione del vero bene. Ultimo passaggio è l’etica, una morale collettiva vissuta attraverso le leggi del bene: è il senso del “costume” di un popolo a modificare la visione soggettiva degli individui che formano la pluralità.
La vita collettiva si articola a diversi livelli: la famiglia, nucleo sociale di partenza di ogni individuo, la società civile, momento di “rottura” in cui l’insieme delle famiglie si divide ponendo questi nuclei iniziali in conflitto tra loro, e infine lo stato, in cui si realizza la sintesi più alta dell’etica[17].
Lo spirito assoluto
Infine, dopo essere stato soggettivo e oggettivo, lo spirito torna in sé stesso e, con piena coscienza di sé, diventa assoluto.
Lo spirito assoluto si manifesta in tre modi:
- l'arte
- la religione
- la filosofia
Queste sono le tre vie attraverso le quali lo spirito cerca l’assoluta risoluzione di sé, e alla fine, solamente una è quella decisiva.
L’arte
L'arte è il momento in cui l’assoluto tenta di manifestarsi soprattutto attraverso l’intuizione sensibile.
L’arte però, a un certo punto, fallisce: vede il suo percorso crescere e svilupparsi tentando sempre di più di assumere le forme più perfette possibili ma, dopo varie arti in cui lo spirito si è immerso, si rende conto di non trovare più soddisfazione nell’intuizione sensibile, in quanto non adeguata a esprimerlo. Hegel parla a questo punto di “morte dell’arte”[18], nel senso che questa non può essere considerata come forma ultima di espressione dello spirito.
La religione
La religione va oltre l’arte in quanto trasferisce l’assoluto all'interno dell'uomo. Hegel si concentra sul cristianesimo, in quanto “religione rivelata” da Dio.
Anche la religione si articola in una serie di momenti che si succedono uno dopo l’altro, fino ad arrivare alla rivelazione di Dio. Vengono per prime le religioni “naturali” attraverso le quali la divinità viene venerata e riconosciuta tramite simboli e attraverso manifestazioni di carattere naturale. Successivamente si riconoscono la religione greca, quella ebraica e quella romana. L’ultima è, appunto, la “religione rivelata” o “assoluta” in cui i temi del cristianesimo vengono presi come verità fondanti da Hegel: si tenta di rappresentare l’assoluto tramite il processo in cui il Padre (l’essenza divina universale) si incarna nel Figlio (Cristo) e attraverso la fede si fa Spirito Santo e torna in sé, essenza divina[19].
La filosofia
Infine, la religione viene superata dalla filosofia, che si rivela l’unica disciplina in grado di rappresentare l’assoluto tramite il “concetto”[20]. Più specificamente Hegel si rifà alla “storia della filosofia” perché in realtà la parte importante sarebbe il percorso della filosofia nel tempo per cercare di concettualizzare l’assoluto. Si arriva così alla fine, alla chiusura del ciclo, con lo spirito che fa ritorno in sé stesso consapevole di essere assoluto.
Hegel lascia però in sospeso una questione. Il suo pensiero si sviluppa infatti in un determinato momento storico, nella monarchia costituzionale della Prussia di fine Ottocento, che realizza l’essenza dello Stato, tanto caro e fondamentale per Hegel. Ci si domanda se questo punto di fine sia effettivamente una fine, e quindi la fine della filosofia e del percorso dell'assoluto, oppure un momento di passaggio dato che la storia continua incostante a evolversi.
I successori di Hegel, dopo la sua morte, cercheranno di dare una risposta a questo dilemma formando due diverse correnti di pensiero rappresentate dalla Sinistra e dalla Destra hegeliane[21].
La Fenomenologia dello spirito termina con la citazione di alcuni versi della poesia L'amicizia di Friedrich Schiller:
Dall' inebbriante calice
Di spuma redimito,
Nel regno degli spiriti
Zampilla l'infinito.[22]
Bibliografia
- Gianluca De Luise e Oscar Farinetti, Lezioni di storia della filosofia, Zanichelli editore, 2012.
- Ralf Ludwig, Fenomenologia dello spirito, Garzanti Libri, 1998.
Note
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p.14.
- ↑ Si tratta delle cosiddette "battaglie gemelle", combattute dalla Grande Armée francese di Napoleone Bonaparte e dell'esercito prussiano di Federico il Grande.
- ↑ Ludwig 1998, p. 11.
- ↑ "...operazione che consiste nel negare e sospendere il valore di verità delle conoscenze parziali, nell’esercitare il dubbio e la critica rispetto a ciò che è noto" in De Luise e Farinetti 2012, p.12.
- ↑ Ludwig 1998, p. 53.
- ↑ Ludwig 1998, pp. 57-58.
- ↑ Ludwig 1998, pp. 57-60.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 21.
- ↑ Ludwig 1998, pp. 84-89.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 22.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 21.
- ↑ "...sintesi di coscienza e di autocoscienza: in tale sfera, la coscienza ha in qualche modo portato dentro sé Dio e il mondo, e non li sente più come qualcosa di assolutamente estraneo." De Luise e Farinetti 2012, p. 22.
- ↑ Ludwig 1998, p. 106.
- ↑ Ludwig 1998, p. 149.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 31.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 34.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, pp. 35-36.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 51.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, pp. 51-52.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 52.
- ↑ De Luise e Farinetti 2012, p. 54.
- ↑ Trad. it. A. Novelli, 1863.