Avanguardie storiche
Le avanguardie storiche sono movimenti artistici sorti all’inizio del XX secolo, caratterizzati dall’opposizione alla cultura accademica e dalla sperimentazione di nuovi linguaggi. Il termine “avanguardia”, che nel linguaggio militare indica il reparto che precede il resto dell’esercito a scopo difensivo, designa proprio il carattere innovativo delle ricerche condotte dagli artisti di tali correnti.
Storia
Il contesto storico
Le avanguardie storiche nascono nel contesto della Belle époque, periodo così denominato per la spensieratezza che lo caratterizza. Questa serenità si fonda su una fiducia nel progresso scaturita dalle innovazioni della seconda rivoluzione industriale. L’ottimismo viene però messo in discussione da molte scoperte scientifiche, specialmente da quelle della relatività e dell’inconscio, che dal positivismo tipico dell’Ottocento conducono all’irrazionalismo[1].
I venti di guerra
Dietro l’apparente calma della Belle époque si celano i motivi di scontro che confluiranno nello scoppio della Prima guerra mondiale. In Europa il razzismo diviene la base di una nuova mentalità nazionale che vede il proprio paese superiore agli altri, giustificando lo sfruttamento legato all’imperialismo. L’atmosfera di contrasto presente tra gli Stati europei si manifesta anche a livello sociale. La pressione dei proletari, che rappresentano la forza-lavoro della classe dominante – la borghesia – è sempre crescente: nascono partiti di massa, socialisti e di ispirazione marxista, e gli uomini ottengono il diritto di voto, potere che verrà solo successivamente esteso alle donne grazie all’impegno dei movimenti femministi guidati dalle «suffragette».
Espressionismo
L’Espressionismo, sorto in Francia ma diffusosi anche in altre parti d’Europa, è stata la prima avanguardia a svilupparsi. Esso fu più un’atmosfera che un movimento vero e proprio: infatti trovò manifestazione in vari ambiti culturali oltre a quello artistico, come quelli letterario e cinematografico.
Spesso l’Espressionismo artistico viene presentato come reazione all’impressionismo, perché si muove in direzione diametralmente opposta a quest’ultima corrente. Mentre infatti pittori come Monet o Renoir cercano di riprodurre più fedelmente possibile l’immagine della retina sulla tela, gli espressionisti non rappresentano ciò che si trova all’esterno, bensì esteriorizzano contenuti interiori, cioè tentano di dare forma alla propria soggettività.
I caratteri generali
L’Espressionismo è dominato dall’antinaturalismo – che si manifesta nella scelta dei colori, frequentemente contrastanti – e dal primitivismo, ossia la tendenza a cercare le origini, conseguenza della bruttezza del mondo di inizio Novecento. Alla base dell’Espressionismo si trova poi la stilizzazione, espressa nei quadri dal rifiuto della prospettiva, del chiaroscuro e del disegno. L’assenza della linea di contorno conduce alla deformazione delle figure, e quindi alla manifestazione dell’incertezza che ogni artista ha dentro di sé.
Espressionismo francese
Gli studi espressionisti in Francia vengono indicati con il termine fauves, ossia “belve”. Nonostante questa parola venne utilizzata dispregiativamente dal critico Louis Vauxcelles, agli artisti francesi che aderirono alla corrente espressionista piacque, e quindi la adottarono per designare il loro gruppo di ricerche.
I fauves fecero riferimento a Van Gogh, Gauguin e Cézanne per la centralità che ognuno di loro ha dato alle emozioni. Il primo divenne un esempio per la sua pennellata impetuosa, capace di dare forma alla propria interiorità; il secondo grazie al valore emblematico del colore e l’esaltazione della natura come luogo della serenità; e il terzo per il nuovo modo di vedere il mondo, ridotto a tre figure geometriche, cilindro, sfera e cono.
I concetti
Per gli espressionisti francesi, nel dipinto contano il colore e la linea, mentre il rapporto con la realtà diviene marginale.
Un quadro che può sintetizzare le priorità degli artisti fauves è La danza (1909-1910), dipinto di Henri Matisse, principale esponente del gruppo francese. La tela è contraddistinta da un’estrema semplificazione: i colori sono soltanto tre – il blu del cielo, il verde del prato e l’arancione dei corpi – e stesi a campiture piatte, la prospettiva è assente, e le cinque figure femminili sono nude, minimali. Le danzatrici, unite in un’ovale creato dalle loro braccia, descrivono un’umanità primordiale e in armonia con la natura, e restituiscono quella sensazione di gioia di vita reputata da Matisse il più alto dei valori. Questo dipinto riassume una caratteristica peculiare dell’Espressionismo francese: la speranza che l’arte, che include anche la danza e la musica, possa salvare il mondo dall’orrore dei conflitti.
Espressionismo tedesco
Nel 1905 sorse in Germania il Die Brücke (“Il ponte”), gruppo espressionista formato da degli studenti di architettura della Scuola tecnica superiore di Dresda. Il nome Die Brücke deriva da un passo del saggio Così parlò Zarathustra (1891) di Friedrich Nietzsche, nel quale il filosofo afferma che «la grandezza dell’uomo sta nel suo essere un ponte, non un fine». Metaforicamente, il ponte simboleggia il legame tra gli artisti impegnati nel rinnovamento della pittura, nel tentativo di creare un passaggio verso un futuro migliore.
Le caratteristiche
In comune con il Fauvismo, l’Espressionismo tedesco condivide l’aspirazione del ritorno dell’umanità a una purezza primordiale. Questo sogno viene reso sulla tela mediante il primitivismo e l’ispirazione all’arte africana. Il tentativo di ridurre al minimo i dettagli così da rendere l’opera più genuina viene espresso con queste parole da Emil Nolde, uno degli artisti più giovani ad aver aderito al gruppo espressionista in Germania: «Evitavo di riflettere prima su un dipinto, mi bastava una vaga idea di luminosità o di colore. L’opera poi si sviluppava sotto le mie mani.»
Nonostante il desiderio di purità condiviso coi fauves, il Die Brücke si distinse molto dall’Espressionismo francese, perché in ogni dipinto gli artisti del “ponte” comunicano angoscia e dolore; non a caso, i pittori-modello a cui essi facevano riferimento – Edvard Munch, James Ensor e Vincent Van Gogh – evocavano nei loro quadri la difficoltà del vivere.
I temi
Ritratti e autoritratti in ambienti interni e nudi all’aria aperta (soggetto in comune con i fauves) rappresentavano i temi prediletti della Brücke fino al trasferimento da Dresda a Berlino dei primi tre membri ad entrare nel gruppo, Kirchner, Heckel e Schmidt-Rottluff. Ora, alle tematiche citate prima, vennero preferiti i paesaggi urbani di una metropoli estremamente vivace, ma al contempo dall’aria convulsa e meno abitabile. La sensibilità dei tre pittori aumentò; a testimoniarlo vi è il quadro Cinque donne nella strada (1913) del capofila Ernst Ludwig Kirchner. Cinque prostitute dai profili taglienti, abbigliate allo stesso modo, con un abito blu-nero che contrasta estremamente con l’acido giallo-verde dello sfondo, risultano quasi compresse in una tela verticale. Nonostante siano così vicine, le donne non parlano tra loro, comunicando indifferenza allo spettatore e dunque manifestando gli effetti dell’omologazione della nuova vita cittadina.
Questo dipinto riassume una caratteristica peculiare dell’Espressionismo francese: la speranza che l’arte, che include anche la danza e la musica9, possa salvare il mondo dall’orrore dei conflitti.
Espressionismo austriaco
Dalla Germania, l’Espressionismo raggiunse presto l’Austria, vedendo come protagonisti i pittori Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Seppur mantenendo in comune con le varianti francese e tedesca la forte tensione emotiva nei dipinti, l’Espressionismo austriaco si distinse innanzitutto per la tendenza decorativa presente in alcuni quadri, che richiama allo Secessionstil. A testimoniarlo l’Autoritratto con alchechengi (1912) di Schiele, in cui i rami della pianta richiamano allo stile della Secessione viennese di cui Gustav Klimt, maestro e poi amico del pittore, fu il principale esponente. Altra peculiare caratteristica è rappresentata dall’indagine psicologica; non a caso, gli austriaci furono i primi a confrontarsi con gli studi sul sogno e sull’inconscio di Sigmund Freud.
Nei ritratti di Kokoschka, ad avere importanza non è la somiglianza somatica, ma la personalità del soggetto: la pennellata frantumata, le mani nodose e intrecciate tra loro, gli occhi, indagatori o assenti, e la torsione delle figure esprimono un’inquietudine che prelude alla fine dell’impero austro-ungarico. Ne La sposa del vento (1914) poi, il pittore presenta l’amore in quanto sentimento che provoca tormento. Nel dipinto difatti, dove si vedono due amanti in un’atmosfera irreale, si legge il dolore provocato dalla fine della sua relazione con Alma Mahler Schindler, vedova del noto compositore Gustav Mahler.
Il motivo della coppia si ritrova anche ne L’abbraccio (1917) di Schiele, pittore ritenuto scandaloso per i contenuti erotici delle sue opere. Due amanti su un lenzuolo, in un dipinto dalle linee nervose, sono stretti tra loro in un abbraccio che pare essere l’ultimo, comunicando angoscia allo spettatore. Schiele fece della figura umana il centro dei suoi interessi e considerò il corpo nudo rappresentazione dell’interiorità.
Note
- ↑ Desideri e Codovini, Storia e storiografia, vol. 3, p. 38.