Mostro di Firenze

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Il Mostro di Firenze è stato un serial killer che ha agito nella provincia di Firenze tra il 1974 e il 1985 (c'è stato un delitto anche nel 1968, ma si suppone di conoscere il colpevole) uccidendo sette coppie e asportando i genitali delle sue vittime di sesso femminile. Nel 1984 venne istituita la squadra anti-mostro guidata da Ruggero Perugini, il quale nel 1992 si rivolse al Mostro in diretta nazionale affermando: <<Io non so perché, ma ho la sensazione che tu in questo momento mi stia guardando, e allora ascolta, la gente qui ti chiama mostro, maniaco, belva, ma in questi anni credo di avere imparato a conoscerti, forse anche a capirti e so, so che tu sei soltanto il povero schiavo, in realtà, di un incubo di tanti anni fa che ti domina. Tu sai come, quando e dove trovarmi, io aspetterò>>[1]

Omicidi

Collegamento tra il 1974 (Rabatta) e il 1981 (Mosciano)

Nel 1974 Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore furono trovati morti a Fontane di Rabatta da un contadino che notò la loro auto parcheggiata con all'interno il corpo di Pasquale. A poca distanza c’era il corpo di Stefania, abbandonato sull’erba, con un tralcio di vite che le sporgeva dai genitali. Presentava numerosi tagli nella zona del basso ventre e al torace, oltre che ferite sul volto e sul petto (piquerismo, esempio di parafilìa)[2].
Nel 1981 Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi furono uccisi allo stesso modo dopo essersi appartati in una zona frequentata da guardoni a Mosciano. I due corpi furono scoperti da un poliziotto fuori servizio che notò una Fiat Ritmo abbandonata e una borsa da donna nelle vicinanze. Carmela mostrò tagli nella zona pubica e un’incisione attraverso la quale le era stata asportata la pelle e una parte dei genitali esterni[3].
Inizialmente i due episodi sembrarono non correlati a causa della distanza temporale che li separava. Tuttavia, i proiettili ritrovati in entrambi gli omicidi erano della stessa marca, Winchester calibro 22, con la lettera H impressa sul fondo. Sembrò che l’assassino avesse maturato esperienza nel tempo: nel secondo episodio già i primi colpi furono fatali[4].

1981: Susanna Cambi e Stefano Baldi (Travalle)

Nel 1981 avvenne il delitto di Susanna Cambi e Stefano Baldi a Travalle, i cui corpi furono scoperti da due pensionati che notarono una Golf nera con il finestrino rotto. Era strano che un'auto fosse parcheggiata in quella zona sterrata alle 10:00, così si avvicinarono e poterono osservare i due ragazzi accasciati fuori dall’auto. Stefano si trovava in un fosso, mentre la ragazza era poco distante. In questa occasione l’assassino tagliò una zona più ampia e profonda, arrivando fino alla zona anale. Probabilmente fu usata la mano destra come per l’escissione su Carmela. Poco distante venne rinvenuta una pietra a forma di piramide (simbolo esoterico) [5].

1982: Antonella Migliorini e Paolo Mainardi (Baccaiano)

Nel 1982 si verificò il primo errore attribuito al Mostro durante l’omicidio di Antonella Migliorini e Paolo Mainardi. La coppia decise di ritirarsi in un luogo non troppo isolato a Baccaiano. Si riteneva che Paolo non fosse stato ferito mortalmente, infatti, quando venne scoperto l'omicidio, il ragazzo respirava ancora. Probabilmente in seguito ai primi spari egli riuscì ad avviare l’auto, che fu successivamente ritrovata incastrata in un canale di scolo, piuttosto che parcheggiata in una piazzola di sosta. Si ipotizzò che Paolo avesse accidentalmente messo per sbaglio la retromarcia finendo dalla parte opposta della strada, così che l'assassino sparò sui fari dell'auto in modo che Paolo non lo potesse riconoscere e se ne andò senza completare l'omicidio per evitare di essere visto[6].

Riferimento al 1968

Nel 1982 il giudice ricevette una lettera anonima in cui gli venne suggerito di riesaminare il duplice omicidio del 1968, forse si trattò di un depistaggio. Le vittime furono Barbara Locci e Antonio Lobianco, uccisi in auto mentre il figlio di Barbara, Natalino, dormiva sul sedile posteriore e sembrò non vedere l'assassino. Una volta cresciuto, però, durante un interrogatorio, ammise che forse gli avessero fatto il lavaggio del cervello di modo che non fosse in grado di dire la verità. I carabinieri iniziarono a indagare sulla cosiddetta "pista sarda" che comprendeva Francesco Vinci (amante geloso e violento di Barbara), Salvatore Vinci (un altro amante di Barbara) e Stefano Mele (marito di Barbara). Quest'ultimo confessò, ma si dimostrò incapace a usare le armi da fuoco. Venne condannato e si cercò di capire chi avesse potuto aiutarlo. Egli cambiò sempre versione; prima disse di essere stato aiutato da Salvatore e in seguito da Francesco. Quest'ultimo venne incarcerato insieme a Stefano[7].

1983: Jens-Uwe Rüsch e Wilhelm Friedrich Horst Meyer (Giogoli)

Nel 1983 due turisti tedeschi omosessuali furono assassinati nei pressi di Giogoli. Uno dei due aveva i capelli lunghi, per questo alcuni ipotizzarono che l’assassino l’avesse scambiato per una donna oppure che avesse voluto giustiziare proprio la loro relazione. Una delle tante teorie si basò sul fatto che il Mostro fosse affetto da narcisismo, perciò, volendo mostrare il suo modus operandi, non faceva attenzione a chi fossero le vittime. L'unica condizione necessaria per facilitare gli omicidi era solo il buio. Accanto al furgone, luogo dell’omicidio, fu ritrovata una rivista omo-erotica danneggiata. Si ritenne che questo potesse essere stato opera del Mostro, il quale potrebbe aver sostituito l’escissione del pube con la rivista strappata [8].

1984: Pia Gilda Rontini e Claudio Stefanacci (Vicchio)

Nel 1984 Pia Gilda Rontini e Claudio Stefanacci vennero uccisi a Vicchio. Oltre all’escissione del pube, la donna subì per la prima volta anche l'asportazione della mammella sinistra, ma queste due operazioni non sembrarono provenire dalla mano di un chirurgo, come invece si era iniziato a credere indagando sugli omicidi precedenti. Vennero notati almeno tre punti di arresto della lama e di successiva ripresa, bensì fosse comunque un taglio preciso e sicuro. Non si incontrarono impronte nelle vicinanze e le macchie di sangue trovate corrispondevano soltanto al rispettivo gruppo sanguigno di Pia e Claudio [9].

1985: Jean Michel e Nadine (San Casciano in Val di Pesa)

Nel 1985, nei boschi di San Casciano in Val di Pesa, un ragazzo che cercava funghi noto un’auto parcheggiata e si imbatté nel corpo di Jean Michel ricoperto da secchi di vernice. Probabilmente egli tentò di scappare, ma venne catturato dall’assassino che lo finì a colpi di coltello. Non si riuscì a capire perché Jean Michel fuggì verso un cancello impossibile da oltrepassare, ma si ipotizzò che fosse causa del suo shock e quindi agì d'istinto, oppure che fosse stato costretto ad andare in quella direzione dalla presenza di un aiutante del Mostro che gli bloccava l'altra strada. Nadine, invece, venne uccisa immediatamente nella tenda che si trovava nei paraggi, dove si erano appartati quella sera i due giovani[10].

Pietro Pacciani

Pietro Pacciani nacque il 7 gennaio 1925 nella valle del Mugello, dove furono commessi i primi due omicidi. In seguito si trasferì nella zona di San Casciano in Val di Pesa, dove venne commesso l'ultimo reato. Egli era denominato "il contadino di Mercatale" ed era conosciuto per essere un uomo impetuoso che violentò le figlie e uccise l’amante della sua fidanzata con venti coltellate e un oggetto contundente (anche se si giustificò dicendo di essere stato incitato da lei poiché gli aveva confessato di essere stata violentata dall'altro uomo e di aver ceduto contro la sua volontà). Vennero arrestati entrambi. Quando egli scoprì il tradimento, la sua fidanzata aveva esposto il seno sinistro, elemento che ritroveremo nei futuri omicidi del Mostro. Qualcuno diceva praticasse il bracconaggio, si cibasse di gatti randagi e possedesse illegalmente alcune armi. Una volta uscito dal carcere si sposò con Angiolina Manni, ma ben presto mostrò anche a lei il suo carattere violento. Ebbero una figlia e la moglie rimase in coma per molto tempo a causa del parto travagliato aggravato dalle violenze del marito. Non recuperò più la sua sanità mentale e Pietro non fu affatto preoccupato, anzi era deluso dal fatto che fosse nata una femmina e non un maschio[11].
Pietro Pacciani fu il principale sospettato, insieme ai suoi due amici Mario Vanni e Giancarlo Lotti ("Compagni di merende"). Nonostante non ci fossero molte prove contro di lui fu trovato un proiettile nella sua abitazione; tuttavia, non risultò essere stato sparato, ma piuttosto inserito nel caricatore e poi espulso. Le impronte rinvenute corrispondevano a quelle presenti sui proiettili degli omicidi. Venne ritrovato anche un blocco da disegno tedesco che richiamò l'assassinio dei due ragazzi tedeschi nel 1983. Secondo l’FBI il Mostro aveva una certa cultura e apparteneva a una classe sociale elevata. Pacciani, al contrario, era poco pulito e tendeva a lasciare impronte ovunque toccasse, quindi il profilo sembrava non coincidere.
Nel corso del primo processo l’opinione pubblica era divisa tra innocentisti e colpevolisti e vennero presentate due accuse:

  • Colpevole di sette omicidi su otto (da escludere quello del 1968).
  • Abuso nei confronti delle proprie figlie.

Alla fine la Cassazione lo assolse e un secondo processo sarebbe dovuto avvenire nel 1998, ma nel frattempo l’imputato fu trovato morto[12].

Misteri irrisolti

Morte di Pietro Pacciani

Prima dell’inizio del secondo processo, Pietro Pacciani venne ritrovato morto nella sua abitazione. Non fu chiaro se si trattasse di una morte naturale o fosse la conseguenza di un omicidio. Gli esami tossicologi rilevarono tracce di un farmaco, l’Eolus, utilizzato per l’asma, che può essere letale se assunto da individui con problemi cardiaci. Tuttavia, il suo medico negò di avergli prescritto il medicinale. Qualsiasi pena fosse stata inflitta al Pacciani dopo il processo sarebbe stata equivalente all’ergastolo essendo ormai in età avanzata. Gli inquirenti supposero che egli avesse intenzione di rivelare dei nomi che non erano ancora emersi dalle indagini, non volendo assumersi responsabilità per le azioni altrui. L’intenzione, quindi, sarebbe stata quella di farlo tacere, nel caso in cui la sua morte fosse stata un omicidio[13].

Beretta calibro 22

Nel 1965 furono rubate quattro pistole in un'armeria a Borgo San Lorenzo, di cui una beretta calibro 22 mai stata ritrovata, a differenza delle altre tre. I carabinieri si convinsero fosse stato un uomo di Scarperia che poi si trasferì a Firenze nelle zone colpite dal Mostro. Venne fatta una perquisizione a casa di un abitante del Mugello e venne rinvenuta una beretta calibro 22. Egli venne accusato per molto tempo di essere colui che era stato definito "Rosso del Mugello", di cui i carabinieri avevano prodotto l'identikit in base alle testimonianze ricevute. Durante la seconda perquisizione non venne ritrovato niente di sospetto e la squadra anti-mostro lasciò in sospeso questa pista[14][15].

Messaggi anonimi

Uno dei primi sospettati a essere stato incarcerato fu Enzo Spalletti, un autista della Misericordia. Egli rivelò l’uccisione di Carmela e Giovanni del 1981 prima che la notizia fosse pubblicata sui giornali. Durante la sua detenzione, arrivò una telefonata insolita alla moglie e al fratello:<<Ditegli che stia zitto e tranquillo, che presto sarà scagionato, presto uscirà di carcere, però gli sta bene un po' di galera, a quello scemo. Che gli è saltato in mente di dire che aveva saputo dei morti dai giornali, quando i giornali sono usciti con la notizia la mattina dopo?>> [16].

Nel 1981, la sera del duplice omicidio di Susanna e Stefano, il ragazzo ricevette una strana telefonata da parte di qualcuno che diceva di essere il geometra e che stava lavorando alla loro nuova casa, ma era fuori dall'orario di lavoro e il geometra che stava veramente seguendo i lavori negò di averlo chiamato[17]. La mattina seguente, invece, a ricevere una telefonata anonima fu la zia di Susanna. L’interlocutore espresse il desiderio di parlare con la ragazza, ma la linea cadde subito dopo. Solo pochi familiari sapevano che la ragazza e sua madre si erano trasferite a vivere con la zia[18].

Dopo il massacro di Paolo e Antonella i soccorritori portarono il ragazzo ferito in ospedale. Lorenzo Allegranti, l’autista di una delle ambulanze che intervennero, ricevette una telefonata anonima pochi giorni dopo. L'interlocutore gli rivelò di essere il Mostro di Firenze e che gli omicidi non sarebbero finiti. Inoltre, ricevette altre chiamate minacciose fin quando non presentò una denuncia ai carabinieri[19].

Nel 1984, in seguito all’omicidio di Pia e Claudio, la caserma dei carabinieri ricevette due telefonate insolite: la prima menzionava quell'omicidio, ma era impossibile che qualcuno fosse arrivato sul luogo del crimine prima di Beccherini, un loro amico di famiglia che per primo trovò i cadaveri. La seconda telefonata venne fatta da un individuo che si presentò come Farini e riguardava un incidente stradale avvenuto quella sera in località Sagginale. Tuttavia, non risultava esistesse nessuna persona con quel nome e non si erano verificati incidenti in quella zona[20].

Nel 1985 il magistrato Silvia della Monica ricevette una lettera anonima contenente una parte del seno sinistro di Nadine. Qualche giorno dopo uno sconosciuto la chiamò facendo allusioni sessuali su di lei. Nello stesso anno, a Firenze, una ragazza chiese un passaggio a uno sconosciuto per andare verso il Mugello. Egli le disse che era stato spedito un pezzo del seno di Nadine al magistrato e chiese alla ragazza dove fosse solita appartarsi. Questa persona somigliava all'identikit fornito dai carabinieri [21].

Zodiac

Il Mostro di Firenze aveva un modus operandi che richiamava quello di Zodiac; infatti, anche quest’ultimo uccideva coppie che si isolavano in auto a colpi di pistola e poi usava il coltello per asportare le parti femminili. Inoltre, anche lui mandava messaggi crittografati dove affermava si celasse la sua identità. Mario Vanni, durante la sua permanenza in carcere, fece riferimento a un certo Ulisse, un ex legionario che dall’America si era trasferito in Italia nel 1974, proprio quando iniziarono gli omicidi e il quale avrebbe incontrato più volte Pietro Pacciani nei boschi di Firenze e gli avrebbe rivelato di essere il Mostro; inoltre, lo stesso Ulisse, ammise le sue colpe in una telefonata del 2017, dicendo che alcuni dei suoi ex compagni ne erano già a conoscenza, facendo ipotizzare una doppia identità[22].

Note

  1. https://youtu.be/AeLsI0RZyDc?si=q_zs3nejGtwMwcTH
  2. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 27-45.
  3. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 47-67.
  4. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 53-54.
  5. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", pp. 69-87.
  6. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 89-113.
  7. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 149-173.
  8. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 197-215.
  9. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 245-263.
  10. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 305-343.
  11. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "Pietro Pacciani e i compagni di merende", pp. 37-59.
  12. https://youtu.be/ecfxVo196nw?si=0dsinun2qUFmTub0.
  13. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "Pietro Pacciani e i compagni di merende", pp. 393-399.
  14. https://auralcrave.com/2021/12/28/mostro-di-firenze-sulle-tracce-di-una-pista-investigativa-inedita/.
  15. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza di delitti e la pista sarda", pp. 261-262.
  16. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", p. 64.
  17. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", p. 70.
  18. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", p. 81.
  19. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", p. 105.
  20. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", pp. 258-259.
  21. Roberto Taddeo, La storia del Mostro di Firenze. "La sequenza dei delitti e la pista sarda", pp. 334-335.
  22. https://www.ilgiornale.it/news/politica/killer-zodiac-mi-ha-confessato-sono-io-mostro-firenze-1533527.html.

Bibliografia