Cinema americano contemporaneo
Il cinema americano contemporaneo è un termine ampio che si riferisce ai film prodotti negli Stati Uniti a partire dalla fine degli anni '60 fino ad oggi. È un periodo caratterizzato da una grande varietà di stili, generi e temi, che riflettono le complesse trasformazioni culturali, sociali e politiche avvenute nel paese. [1]
Le origini
In America il cinema nasce nel 1896 grazie alle proiezioni di Thomas Edison, l'inventore del kinetografo e del kinetoscopio, due apparecchi che verranno utilizzati per la ripresa e la proiezioni di immagini in movimento. Saranno però i fratelli Lumière, francesi, ad avere l'idea di proiettare la pellicola in modo tale che più spettatori possano vederla. Edison con l'idea dei Lumière creò una vera e propria industria dello spettacolo perfezionando le sue apparecchiature e generando una vera e propria 'guerra dei brevetti', perché sempre più persone vedendo nel cinema una fonte di guadagno iniziarono a copiare l'iniziativa di Edison. Questo ebbe delle ripercussioni, per quanto riguarda la produzione americana, sull'aspetto artistico delle pellicole che perse di qualità, mentre in Europa, e specialmente in Francia si privilegiava questo tratto. Nacque successivamente il cinema indipendente, poiché l'azienda di Edison aveva il monopolio di tutti i brevetti, rendendo impossibile ai concorrenti la creazione di film. Il cinema indipendente consiste nella produzione di film senza l'intervento di una casa di produzione, così da New York e Chicago, i produttori indipendenti iniziarono a trasferirsi nello stato della California, dove il monopolio della casa produttrice di Edison non aveva nessun valore legale, giungendo tutti a Hollywood. [2]
Cinema americano
Sebbene il termine "cinema classico americano" evochi un'idea precisa nella mente di molti, definirlo con esattezza risulta complesso. La "classicità" in sé è un concetto sfuggente e l'espressione "cinema classico americano" non può essere considerata una categoria specifica. Al contrario, essa racchiude una varietà di film con caratteristiche diverse, tra cui quelli della seconda metà degli anni Trenta, generalmente considerati come il vero "cinema classico". Per lo spettatore comune, questa espressione evoca immagini di film hollywoodiani con star di fama, storie avvincenti e personaggi iconici, spesso appartenenti a generi consolidati. [3]
Nuova Hollywood
La New Hollywood è un movimento cinematografico americano che si è sviluppato alla fine degli anni '60 e durato fino ai primi anni '80. È stato caratterizzato da una serie di cambiamenti significativi rispetto al sistema classico hollywoodiano, tra cui: [4]
- Maggiore libertà autoriale per i registi
- Realismo e sperimentazione
- Nuovo pubblico
Lo studio system
Lo studio system era un sistema di produzione e distribuzione cinematografica controllato da un piccolo numero di grandi case di produzione hollywoodiane durante l'età d'oro del cinema (anni '20-'60). Per raggiungere i suoi obbiettivi, lo studio system aveva adottato delle caratteristiche che lo hanno portato a contribuire alla creazione dell'età d'oro di Hollywood producendo film iconici e lanciando star leggendarie. Le caratteristiche principali erano: [5]
- Produzione interna: I film venivano realizzati principalmente negli stabilimenti di proprietà degli studios.
- Personale sotto contratto: Attori, registi e sceneggiatori erano spesso legati agli studios da contratti a lungo termine.
- Controllo della distribuzione: Gli studios possedevano o controllavano i distributori e le sale cinematografiche, garantendo loro il dominio del mercato.
- Tecniche di prenotazione manipolative: Il block booking, ad esempio, obbligava i cinema ad acquistare pacchetti di film che includevano anche opere meno riuscite insieme a film di successo.
Gli obiettivi dello studio system erano quelli di ridurre i rischi finanziari, massimizzare i profitti e mantenere il controllo creativo.
Fine dello studio system
La rivoluzione della New Hollywood è uno sconvolgimento totale del cinema americano che lo riguarda sotto ogni punto di vista. I film prodotti dalla New Hollywood sono rinnovati dal punto di vista tematico, dei personaggi, che rappresentano tutti i principali elementi del tempo, che introducono un nuovo linguaggio capace di sconvolgere completamente il cinema classico con la modernità. A contribuire alla scomparsa della 'vecchia' Hollywood, ovvero del cinema classico, c'è la crisi dello studio system, che prima di allora aveva cavalcato l'onda del cinema americano fino agli anni Quaranta. Ciò avvenne per due motivi: la fine dell'integrazione verticale e l'avvento della televisione. Nello studio system, tutte e tre le fasi per realizzare un film come prodotto finale erano controllate dalle dette Majors, (MGM, Warner, 20th Century-Fox, Paramount, RKO) che godevano ciascuna di alcune sale di loro proprietà sparse per tutto il paese nelle città di maggior rilevanza. Nel 1948 viene obbligata per prima la Paramount a vendere tutte le sue sale, abbattendo così l'integrazione verticale, rendere libero il mercato cinematografico e rendere più complicata la gestione degli affari alle altre Majors. Le sale cinematografiche perdono spettatori, Hollywood tenta di rimettersi di pari passo ma le persone preferiscono la televisione, ancora in bianco e nero al tempo e di minor qualità anche sotto l'aspetto sonoro e grafico, facendo così perdere a Hollywood due terzi del pubblico. La conseguenza di questa decadenza porta gli studios a realizzare sempre meno film. Si verifica in questo momento il fenomeno del roadshow, ovvero la realizzazione di film con qualità altissime proiettate in sale cinematografiche di prestigio e con un prezzo molto al di sopra della media. Questo era un tentativo da parte di Hollywood di riconquistarsi il suo prestigio e la sua fama che un tempo aveva. Questa tattica non ebbe particolare successo, poiché il pubblico oltre ad essere diminuito, non aveva più le aspettative che riponeva nel cinema classico, ma esigeva sempre di più. Ad aggravare la situazione, Hollywood per la prima volta deve guardarsi da nemici quali le case di produzione indipendenti.
Un nuovo movimento cinematografico
Gli anni Sessanta, oltre a rappresentare un periodo di rivoluzione nel cinema, furono caratterizzati anche da un profondo mutamento complessivo della società che sperava in una maggiore attenzione ai diritti e all'integrazione di ogni individuo. Queste aspettative furono abbattute con la morte di alcuni uomini che fungevano da portavoce di questi sogni, tra cui il presidente John Kennedy e Martin Luther King. In seguito alla vittoria elettorale del nuovo presidente repubblicano Richard Nixon, gli Stati Uniti sono divisi a metà. Una parte è composta dai conservatori sostenitori di Nixon, l'altra dai liberali. Non sempre dal punto di vista politico, ma quasi certamente da quello psicologico e anagrafico della prima metà fanno parte la maggioranza dei produttori cinematografici e alla seconda gli spettatori. Il risultato di questa profonda scissione è che i nuovi prodotti di Hollywood risultano quasi sempre dei fallimenti. In questo momento prendono piede i film che affrontano temi 'scomodi', che al tempo degli studios non avrebbero mai potuto raggiungere il successo che ebbero in quel periodo. La New Hollywood non è definibile in termini di movimento o scuola poiché non ha confini. È suddivisibile però in due generazioni, quella dei registi nati durante la seconda guerra mondiale e che raggiungono il loro successo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, tra cui Martin Scorzese, Brian de Palma e Steven Spielberg, e quelli nati prima, tra il 1922 e il 1931, che hanno iniziato ad avere successo prima della New Hollywood, come Arthur Penn e Robert Altman. Le novità introdotte dalla Nuova Hollywood sono:[6]
- Una maggiore libertà tematica e stilistica di cui godono i registi;
- La comparsa di nuove tendenze;
- La tendenza ad ambientare le riprese cinematografiche in ambienti reali invece che all'interno di uno studio;
Ritorno all'ordine
Approssimativamente, la fama della New Hollywood termina tra la metà degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta. In generale, nella prima metà degli anni Settanta si iniziano a produrre film i cui temi centrali sono i medesimi della Hollywood classica, solo rappresentati con più sfacciataggine. L'unico problema di questo nuovo modo di porsi verso temi sociali quali la lotta razziale, la differenza tra le classi sociali e il sesso, è che film con queste tematiche possono interessare solamente persone giovani e di un certo pensiero politico. In questo modo si precludono la possibilità di avere un pubblico più ampio. Sempre in questo lasso temporale, tra i Settanta e gli Ottanta, i registi e gli sceneggiatori perdono quasi totalmente la libertà di espressiva che avevano durante la New Hollywood. Contemporaneamente al ritorno all'ordine, inizia anche una ristrutturazione dell'aspetto industriale del cinema americano, che torna ad assomigliare alla struttura che aveva nel periodo classico. Iniziano a far parte della produzioni anche attori di prima grandezza della scena economica internazionale. Per questo motivo, la Hollywood contemporanea verrà definita 'corporate Hollywood'. Il fulcro della corporate Hollywood è un film pieno di azione ed effetti speciali, con una trama abbastanza semplice da potersi rivolgere ad un'ampia categoria di pubblico, anche se in particolare cerca di catturare l'attenzione dei giovani. Infatti, il cinema americano mainstream sceglie molto spesso soggetti adolescenti. Fino agli anni Settanta, il pubblico di Hollywood era per la maggior parte nazionale, negli ultimi decenni la prospettiva degli studios si è allargata anche globalmente.[7]
Postclassico o manierista?
A causa dell'articolazione narrativa, che molto spesso nel cinema mainstream americano risulta essere sottoposta alle scene d'azione e degli effetti speciali, l'ipotesi più sostenuta è che la 'New New Hollywood' (formula coniata per riferirsi al cinema americano dopo la fine della New Hollywood), si presenti con caratteristiche postclassiche, dove si dividono in falde la compattezza e la coerenza del racconto e lo spettatore trae piacere da elementi sensoriali.[8]
Cinema dopo l'11 settembre
I vari formati di media narrativi, che includono cinema, serie TV, letteratura, fumetti e così via, hanno svolto un ruolo chiave nell'accompagnare l'elaborazione di eventi e traumi con un'analisi approfondita dell'identità americana. Questa analisi non si concentra solo sulla storia recente, ma spesso esamina anche il periodo precedente all'11 settembre, a partire dalla Guerra Fredda e talvolta anticipa anche gli eventi futuri. L'accadimento stesso ha generato il problema della sua rappresentazione visiva, rendendo ogni sua imitazione cinematografica colpevole. I media audiovisivi hanno affrontato il problema della rappresentazione diretta dell'evento con molta cautela e riserbo, incappando anche molto spesso in forme di autocensura. Spesso, per non fermare il bisogno che nel post-11 settembre si avvertiva di dover narrare la tragedia, si usavano riferimenti impliciti o metaforici, storie e contesti che raccontano la vicenda tramite scenari anche retrospettivi o futuri. Nel cinema, l'articolata mappa dei generi dei percorsi autoriali che scindono questa narrazione, incentrata sul presente e poi su flashback, si raffigura come una sorta di insieme che si suddivide tra identità storica, ideologica e morale degli americani. La maggior parte del cinema appartenente alla New Hollywood si trascinava dietro già da tempo la paranoia esplosa definitivamente dopo il trauma dell'11 settembre.[9]
Dal noir al neo-noir
Nel cinema americano i generi si sono sempre modificati, e continuano a farlo in modo progressivo con la rielaborazione e rinnovazione di forme, stili, stereotipi relativi ai mutamenti dello scenario storico e sociale anche all'interno dell'istituzione cinematografica. Il termine noir emerge negli anni Cinquanta e in principio si riferiva a una serie di film polizieschi americani realizzati tra il 1941 e il 1953, a cominciare da Il mistero del falco (The Maltese Falcon, John Huston, 1941). Il termine era molto usato, sebbene a quel tempo non corrispondesse a una categoria prevista dal sistema dei generi su cui si basava l'industria di Hollywood classica e anche di recente è stato messo in dubbio che il 'noir' possa corrispondere a un genere cinematografico ben definito. Ciò che caratterizza l'universo noir è l'allargamento di ambito, sino alla storia delle idee. Come accade ad altri generi, anche il noir con le decostruzioni e le rivisitazioni in ambito di genere, stile, movimento, sensibilità, cambia così tanto da necessitare una nuova denominazione. Questo avviene con l'aggiunta dell'aggettivo qualificativo 'neo', che si affermerà progressivamente negli anni a venire. Vari studiosi hanno osservato che le forme di neo-noir che si sono succedute dopo il periodo classico, hanno in comune la matrice da cui si sviluppano la vocazione a mostrare il dark side dell'American dream con i sentimenti di delusione e pessimismo che ne derivano. Il noir classico esponeva la facciata morale e psicologica degli anni della seconda guerra mondiale e del periodo immediatamente successivo, mentre il neo-noir si concentra a proseguire in modalità metaforica, aggiornando via via le sue coordinate tematiche e retoriche.[10]
Cinema postmoderno
La fase postmodernista ha inizio nel 1981, con l'uscita di due film-chiave per questo periodo come Brivido caldo (Body Heat) di Lawrence Kasdan e Il postino suona sempre due volte (The Postman Always Ring Twice) di Bob Rafelson. La maggior parte dei neo-noir che sono stati prodotti dagli anni Ottanta in poi tendono a rivolgersi a un pubblico consapevole quanto i loro autori, quindi in grado di comprendere e notare referenze, allusioni e registri appartenenti al cinema classico. Negli ultimi decenni il contesto del neo-noir è ampio ed eterogeneo. Si ha inoltre la consapevolezza di lavorare su qualcosa che era già esistente è ciò genera uno stile ibrido e vistoso, con un ruolo della scrittura esplicito.[11]
Cinema americano d'animazione
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta il cinema d'animazione in America subisce una profonda crisi. Durante il periodo classico, quando il pubblico andava al cinema le veniva fornito un pacchetto in cui era compreso un lungometraggio affiancato da vari cortometraggi, tra cui i disegni animati. Durante il periodo degli studios le sale cinematografiche non forniscono più questo pacchetto e con la diminuzione delle vendite di biglietti che calano, i costi per realizzare un cartoon, anche se della durata di soli pochi minuti, diventano troppi per l'industria di quel momento. Le principali case produttrici di cartoni animati dopo la Disney erano la MGM e la Warner Brothers che cessano le loro attività rispettivamente nel 1957 e nel 1969. L'unica a rimanere in piedi durante questa crisi è la Disney, che però si concentra solo sulla produzione di lungometraggi mettendo da parte i cortometraggi quasi totalmente. Se nelle sale cinematografiche la proiezione dei cartoni animati era quasi pari allo zero, nelle televisioni ci fu un progressivo aumento dei cartoon mandati in onda. Questo comportò un calo della qualità del prodotto e una riduzione dei tempi di produzione, che rese i movimenti dei personaggi animati più rozzi e meno definiti di quelli che andavano in onda nelle sale. In alcune serie per rimediare a ciò si aggiunse una colonna sonora che aveva lo scopo di colmare il vuoto lasciato dalla dimensione visiva, attribuendo a questo fenomeno il soprannome di 'radio illustrata'. Non tutta l'animazione televisiva era scadente, fecero eccezione Il libro della giungla realizzato da Chuck Jones, The White Seal (1975) e La pantera rosa (The Pink Panther), che era un personaggio creato per i titoli di testa di un lungometraggio dal vero, che solo successivamente è diventato una serie televisiva animata a parte. Il livello dell'animazione televisiva americana tra gli anni Sessanta e Settanta è modesto, anche perché era collocata nella fascia della programmazione pomeridiana, i cui spettatori erano principalmente bambini, che già dall'epoca classica erano una componente consistente degli spettatori cinematografici. Ma anche nel caso dell'animazione americana dello studio system, come nel cinema hollywoodiano classico, ci si rivolgeva ad un pubblico indifferenziato. È questo il caso di Betty Boop, creata da Max Fleischer nel 1930, dei Looney Tunes e di Merrie Melodies, che erano carichi di allusioni a sfondo sessuale, giochi metadiscorsivi e riferimenti al contesto sociale che i bambini non potevano cogliere appieno. Prima del ventunesimo secolo, il confine tra animazione e cinema del vero non era molto marcato, questo perché il digitale così come lo abbiamo ora non esisteva a quel tempo.[12]
L'animazione digitale
I primi esperimenti di animazione computerizzata risalgono agli anni Cinquanta, quando John Whitney e il fratello James, realizzano dei cortometraggi di grafica computerizzata con l'ausilio di un calcolatore analogico che era stato usato dall'artiglieria contraerea nella seconda guerra mondiale. Ebbero così tanto successo da collaborare agli effetti speciali di 2001: Odissea nello spazio. Nonostante questo clamoroso successo, la Computer Graphics esce dalla sua preistoria agli inizi degli anni Ottanta. La Disney sarà la prima a far uscire un intero lungometraggio realizzato dalla computer-generated imagery (CGI) ed è Tron, diretto da Steven Lisberger. La creazione della casa di produzione Pixar rappresenterà il punto di svolta, generando le prime immagini in assoluto di grafica computerizzata comparse in un film distribuito in sala.[13]
Note
- ↑ The New Hollywood di Thomas Schatz (University of California Press, 1983)
- ↑ G. Frasca, 2013, p.11
- ↑ Pravadelli, 2007, pp. 9-11
- ↑ The New Hollywood di Thomas Schatz (University of California Press, 1983)
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, p 6
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, pp 3-5
- ↑ G.Alonge, G. Carluccio, 2015, pp. 36-37
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, p. 46
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, pp. 67-68
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, pp. 110-111
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, pp. 120-122
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, pp. 185-188
- ↑ G. Alonge, G. Carluccio, 2015, p. 197
Bibliografia
- G. Alonge, G. Carluccio, Il cinema americano contemporaneo, Laterza, 2015
- Giampiero Frasca, Storia e storie del cinema americano, UTET Libreria, 2013
- Veronica Pravadelli, La grande Hollywood, Marsilio Editori, 2007