Alkedo

Da scrivowiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La nave Alkedo è un relitto di epoca tardoaugustea-tiberiana ritrovato presso il sito delle Navi Romane di Pisa nel corso della campagna di scavo del 1998. Si tratta di una barca fluviale di grandi dimensioni, concepita per spostamenti veloci e che deve il suo nome all'iscrizione «ALKDO» incisa in caratteri greci su una delle panche dei rematori.

La scoperta della nave e il suo restauro

La scoperta del sito delle navi romane di Pisa è avvenuta fortuitamente, nel 1998, a seguito di un intervento di archeologia preventiva in occasione della costruzione della stazione di San Rossore. La fragilità dei reperti della «Pompei del mare», come la definisce la stampa, ha portato all'avvio delle procedure per la conservazione durante lo scavo, nonché all’edificazione di una struttura dedicata nei pressi del sito.

Al fine di poter efficacemente ospitare e trattare le navi è stato dunque fondato il Centro di Restauro del Legno Bagnato, dove sono state applicate negli anni tecniche sperimentali non ancora standardizzate al momento del rinvenimento, anche a causa della rarità dei reperti. Una svolta nelle modalità di conservazione si è avuta tramite la collaborazione col Laboratorio di Restauro del Rómisch-Germanisches Zentralmuseum di Mainz, grazie alla quale il legno bagnato di alcune delle navi ha iniziato a essere imbevuto con una soluzione a base di Kauramina®, urea, butanediol e trietanolamina, al fine di rendere i reperti lignei più elastici. Dopo il lungo periodo di impregnazione sono necessari un trattamento in forno a 50° e una fase di asciugatura, la pulizia puntuale delle singole parti con pennelli o spazzolini e un più generale lavaggio in acqua demineralizzata. La procedura viene ripetuta su ogni elemento della nave precedentemente smontata e porta a un finale rimontaggio, basato anche sulle informazioni acquisite tramite il 3D Laser Scanner.[1]

Il contesto archeologico e la dinamica del naufragio

Il luogo in cui sono state ritrovate le 31 navi è stato interessato da un alto numero di disastrose alluvioni a partire dal VI secolo a.C. fino al V d.C., fra le quali c’è anche quella di età augustea che causò il naufragio della nave detta Alkedo.

Per quanto riguarda l’aspetto dell’interpretazione storico-archeologica del contesto l’ipotesi che viene maggiormente supportata è quella della presenza di un porto diffuso per fini commerciali e non di un vero e proprio porto fluviale della città in epoca romana, sta di fatto tuttavia che le navi dalle molteplici funzioni e di svariate epoche ritrovate nel contesto pisano rendono l’idea di una frequentazione continuativa nonostante le difficoltà legate alle molteplici piene dei suoi fiumi. A tale proposito è stata riscontrata la presenza di reperti di pregio nell’abitato etrusco nei pressi del sito a ulteriore conferma della presenza di fiorenti commerci di Pisa col Mediterraneo, già descritti da Strabone e favoriti dalla presenza di due importanti fiumi quali l’Auser, ovvero l’attuale Serchio e l’Arno.

L’interpretazione stratigrafica del contesto archeologico è stata d’altra parte arricchita dal contributo degli studi paleoambientali al fine di ricavare maggiori informazioni sul cambiamento del paesaggio alla confluenza dei due fiumi. Essendo questo aspetto in stretto rapporto con il processo di antropizzazione del sito, si è continuata la ricerca portando a distinguere lo strato di più antichi depositi fluviali e costieri da quello sabbioso che include le navi del porto romano, a sua volta ricoperto da cinque metri di argille e materiali di riporto medievali e moderni e affiancato da una banchina contenente resti di una palificata etrusca. Gli studi paleoambientali hanno inoltre permesso di distinguere i pollini dei differenti strati, evidenziando per esempio la presenza in Epoca Romana di piante tipiche di un ambiente umido come ontani e querce caducifolie, in accordo con l’ambiente fluviale del porto.[2]

La struttura e le sue particolarità

Ipotesi sulla funzione svolta dalla nave

Alkedo potrebbe sembrare, per il profilo della sua prua, una nave da guerra simile a quelle rappresentate sulla colonna Traiana ma la mancanza di un vero e proprio sperone, sostituito invece da un tagliamare rivestito in bronzo, consente di escludere un uso militare e fa propendere per l'idea di una nave a remi da diporto o di una pilotina. [3]

Origine del nome della nave

Il nome Alkedo, inciso sul primo banco dei rematori, è un'ulteriore particolarità della nave in quanto sarebbe una rara attestazione del nome di un'imbarcazione sul relitto stesso e non in sue rappresentazioni come nei graffiti o nei mosaici. Dal punto di vista dell'interpretazione del probabile nome della nave, ALK[E]DO è stata riconosciuta come la trascrizione del termine latino alcedo, ovvero gabbiano, in caratteri greci, epiteto che sembrerebbe molto appropriato per l'imbarcazione. [4]

Tracce di pittura e impermeabilizzazione

La presenza dell'impermeabilizzazione e di tracce di colore sulla nave ha permesso di studiare le tecniche e i materiali impiegati, confermando ciò che già era noto grazie alle fonti e arricchendolo con ulteriori dettagli. Come era comune in antico l'impermeabilizzazione dello scafo era ottenuta con l'impiego di pece e veniva seguita dal processo di calafataggio, al fine di impedire la presenza di fessure nel fasciame. Come ci riporta Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, il materiale preferito per la finitura degli scafi è la cera d'api unita a della pece vegetale, tuttavia nel caso specifico della nave Alkedo al posto della pece si è preferita la resina al fine di non alterare i colori della pittura, ovvero la cerussite e l'ematite. .Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: i ref privi di nome non possono essere vuoti

Confronto con le rappresentazioni di navi a remi nella numismatica romana

cfr. pg 24 Camilli + capitolo numismatica

I reperti rinvenuti a bordo e nei pressi della nave

Indizi del commercio di ceramica sigillata di Ateius presso il porto

Bibliografia

  • Stefano Bruni (a cura di), Il Porto Urbano di Pisa Antica: la fase etrusca e il relitto ellenistico, Cinisello Balsamo MI, SilvanaEditoriale, 2003
  • Andrea Camilli, Pisa. Cantiere delle Navi Romane, Centro di Restauro del Legno Bagnato, Museo delle Navi Antiche: attività 2008, «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana», 4, 2008
  • Andrea Camilli, Le navi antiche di Pisa. Guida all'esposizione, Pacini Editore, 2022
  • Andrea Camilli ed Elisabetta Setari (a cura di), Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica, Milano, Mondadori Electa S.p.a, 2005
  • Anna Ferrarese Lupi, Pisa San Rossore. Materiali da un deposito alluvionale di età romana imperiale, «Rivista di Archeologia dell’Acqua», Anno 4 N.1, 2009, pp.3-12
  • Esmeralda Remotti (a cura di), Alkedo. Navi e commerci della Pisa romana, Catalogo della mostra di Pisa, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, 2006, pp.721-725

Note

  1. Andrea Camilli, Pisa. Cantiere delle Navi Romane, Centro di Restauro del Legno Bagnato, Museo delle Navi Antiche: attività 2008, pp.721-725
  2. Bruni, Il Porto Urbano di Pisa Antica, pp.103-106
  3. Esmeralda Remotti, Alkedo. Navi e commerci della Pisa romana, Catalogo della mostra di Pisa, Pontedera, p.24
  4. Andrea Camilli ed Elisabetta Setari, Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica, pp.52-53